L’Autonomia di Calderoli e il silenzio di Giorgia Meloni
Si torna a parlare di Autonomia Differenziata. Primo perché in Parlamento (Senato) è partito l’iter del disegno di legge (“porcata”, dal mio punto di vista) elaborato dal ministro leghista Roberto Calderoli e fatto proprio dal governo. Secondo perché si è insediata la commissione presieduta da Sabino Cassese che dovrà “definire” i Lep, Livelli essenziali delle prestazioni (di finanziamento manco a parlarne: e qui c’è uno dei bluff di Calderoli!). Terzo ed ultimo perché l’Autonomia è materia molto cara alla Lega, ma non altrettanto a Forza Italia e a Fratelli d’Italia, e potrebbe diventare alla fine la bomba capace di far saltare all’aria il governo (FI e FdI non hanno alcun interesse, innanzitutto elettorale, ad attuare una riforma che per come è stata studiata sarebbe la tomba del Sud).
Intanto, mentre se ne torna a parlare, molto opportunamente c’è chi affonda – non il dito, ma mani e piedi – nella vera “piaga” della riforma Calderoli, simulando quali sarebbero le conseguenze in termini fiscali, quindi economico-finanziari, se si passasse al nuovo regime di autonomia
Lo ha spiegato bene l’ottimo giornalista Andrea Bassi sul Mattino di ieri.
Vi risparmio analisi e dettagli. Le cose andrebbero così: il 90% del gettito Irpef, Iva e Ires resterebbe nella casse delle tre Regioni che hanno chiesto l’Autonomia, ovvero Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Volete sapere di quanto si tratta? Restate seduti: ben 112 miliardi di euro. In altri termini, nella redistribuzione delle risorse lo Stato centrale dovrebbe rinunciare a questi introiti, somma che di fatto sarebbe sottratta a quanto oggi ricevono le Regioni del Centro-Sud: una penalizzazione in larghissima parte a danno del territorio meridionale.
Tradotto in termini ancora più pratici, l’Autonomia disegnata dalla Lega avrebbe l’effetto di allargare il divario tra Nord e Sud su quantità e qualità dei servizi pubblici (a cominciare da Sanità, Istruzione e Trasporti), sulla capacità di creare sviluppo, sul Pil pro capite, in una espressione: sulla qualità della vita di bambini, giovani e anziani e sul futuro complessivo del Mezzogiorno d’Italia. Di questo si tratta, mica di chiacchiere. Sicché la domanda che ogni santo giorno che Nostro Signore ci manda andrebbe rivolta – non più alla Lega, la quale decisamente se ne frega – ma alla Presidente del Consiglio è la seguente: come immagina che si possa tenere l’Italia unita e non avere più cittadini di serie A e B, concetto ed impegno da Lei quotidianamente declamati, con una prospettiva quale è quella che vuole il ministro Calderoli? Risponda, Onorevole Giorgia Meloni. Il Suo silenzio su questo argomento sta facendo molti danni: siamo già, noi meridionali, psicologicamente cittadini di serie B, con l’aggravante del timore che rischiamo di finire addirittura in C.
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