Atripalda – Un nome lungo e breve
Erano i giorni della Scuola, ginnasio e poi liceo, che noi giovanissimi atripaldesi trascorrevamo recandoci ad Avellino, impegnati a studiare, ma anche ansiosi, pur senza un perché, e desiderosi di iniziative da promuovere nel nostro Paese.
E così, un giorno, uno di noi pensò di farci ancor più stringere amicizia.
Propose di creare un organismo da denominare U.S.I., cioè Unione Studenti Irpini, riservata infatti a noi studenti, per poterci così almeno incontrare, parlare, agire. L’idea non poteva non piacere e fu subito attuata, con riunioni, per reciproche esternazioni tra noi stessi, ospitati in qualche locale ad Atripalda.
Ricordo che si parlava di situazioni e prospettive di nostro interesse, ma coniugando i verbi quasi sempre al futuro, raramente al presente; e mai al passato, che infatti non ancora avevamo.
Invero il ricordare ti dà il beneficio di poter ritornare, almeno con il pensiero, anche a quando quasi tutto era ancora da accadere e si poteva quindi liberamente immaginare.
All’epoca già ci conoscevamo tutti in Paese, ma quello fu egualmente un piacevole incontrarsi e meglio conoscersi, anche alimentando solidarietà, se non addirittura timide, fugaci “simpatie”.
La giovinezza poteva regalarci ancora tutto e anche quella fu una “prima volta”; fu l’occasione per comprendere, meglio ed in una nuova luce, caratteri e pensieri di altri come noi, sino ad allora conosciuti soltanto nei banchi della Scuola, impegnati unicamente nei propri problemi di studio.
Ma quella giovinezza, dal nome un po’ lungo a pronunciarsi, aveva già l’innata sua brevità nel farci passare rapidamente dalla frequenza scolastica a quella universitaria; sì che noi stessi venimmo, prima o poi, a trovarci fuori dall’USI, che pertanto dovemmo lasciare.
Ed essa, in punta di piedi, si allontanò e ben presto si spense.
Anche se intanto si aprivano nuovi orizzonti, noi tuttavia tentammo di mantenerci stretta quella giovinezza almeno per alcuni anni ancora, ma ormai con rapporti sempre più “individuali”, come la Natura imponeva o comunque suggeriva.
Quel senso di fresca e ingenua “collettività” andò inavvertitamente cedendo il posto a nuovi e differenti modi di vita.
Erano (nientemeno) i lontani e pur sempre favolosi anni “cinquanta”; e ci emozionava, con “grazie dei fiori”, la magica voce cavernosa della cantante Nilla Pizzi.
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