Fato o follia

(F.G.) Per l’importanza che riveste e la sostanza che condividiamo appieno, collochiamo volentieri nello spazio degli Editoriali il “pezzo” di Clara Spadea.


– di Clara Spadea –

Ci sono giornate in cui purtroppo si susseguono, si accavallano quasi le tristi notizie di cronaca che parlano di giovani o meno giovani che all’improvviso e loro malgrado vengono catapultati fuori dagli affetti e dal loro normale percorso di vita, senza preavviso alcuno e senza avere il tempo di lasciare parole o abbracci per i loro cari.

È il destino che fa trovare queste vittime incolpevoli nel posto sbagliato? O è piuttosto la follia di uno o di tanti a provocare certe disgrazie?

Difficile dare una risposta. Di certo io non so se è dovuta solo ad un tragico destino, ad esempio, la morte del diciannovenne Francesco Valdisseri, investito sul marciapiede da un’auto impazzita in quel di Roma, o quella del cassiere del Carrefour, Luis Fernando Ruggiero, colpito da una coltellata nel supermercato di Assago, o se piuttosto queste morti siano riconducibili molto più semplicemente a comportamenti illeciti e/o deviati.
Sta di fatto che sono innegabili e manifeste le responsabilità di chi, peraltro reiteratamente, si mette alla guida di un’auto nonostante sia consapevole di essere positivo all’alcol test o al narco test, o di chi, pur affetto da problemi psichici, è lasciato dai familiari e dalla società in balia di se stesso, libero di circolare da solo e, così, un giorno poi afferrare un coltello e uccidere chi sembra provare una felicità reputata inaccettabile perché non condivisa.

È chiaro che simili notizie di ordinaria follia invocano a gran voce la necessità di ricordare a tutti qual è il vero valore della vita. E provare a farlo anche attraverso il dolore reale e profondo di chi subisce queste gravi perdite.

Bisognerebbe, allora, interagire in tal senso soprattutto con i ragazzi sin dalle scuole elementari, incrementando, nell’ora di educazione civica, gli incontri, ad esempio, con le Forze dell’Ordine che, nel raccontare degli incidenti mortali causati dall’abuso di droghe, di alcolici o da un improprio uso del cellulare, spiegherebbero implicitamente la fugacità della vita; questa vita fatta di amori e di abbandoni, di gioie e di complicazioni, ma da vivere ogni istante con moderazione per goderla appieno in ogni sua sfaccettatura e sempre nel rispetto degli altri. Ma non solo.

Potrebbe essere utile e funzionale portare nelle aule delle scuole anche il dolore di chi ha perduto un figlio, un amico, un genitore, farne supplica o invocazione, per svegliare dal torpore emozionale i ragazzi, quelli troppo spesso chiusi in una alienante e narcisistica bolla virtuale vissuta solo sui social, fatta di semplici click più che di condivisioni di autentiche esperienze di amicizia, di conoscenza e di attenzione per gli altri.

Perché, forse, imbattersi nella tempesta dolorosa di chi subisce queste perdite per colpa del fato o della follia di qualcuno , ascoltarla nel suo grido straziante, guardarla negli occhi da vicino, senza avere vie di fuga, toccarla quasi nella sua cruda profondità, potrebbe forse indurre i giovani a diventare maggiormente consapevoli dell’importanza che va riservata alla vita quotidiana, propria ed altrui, e ad accettare i limiti che questa impone alle libertà di ciascuno, in quanto libertà è sinonimo solo di responsabilità e non di incoscienza.

In tal modo il dolore di chi è rimasto mutilato degli affetti più veri non sarebbe muto e sterile, ma potrebbe circolare, raggiungere il cuore dei giovani, renderli attenti viaggiatori della propria esistenza, diventerebbe così ricco e fertile e acquisirebbe, magari, briciole di serenità per avere messo sulla giusta strada sia pure una sola giovane vita.

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