Esternalizzare i servizi, facile a dirsi difficile a farsi. Almeno ad Avellino: i casi dell’Asilo nido comunale e della piscina di via De Gasperi
La qualità della vita di una comunità si misura, in primo luogo, sull’offerta dei servizi garantiti alla cittadinanza. Da questo punto di vista, la città di Avellino continua ad essere drammaticamente deficitaria
La qualità della vita di una comunità si misura, in primo luogo, sull’offerta dei servizi garantiti alla cittadinanza. Da questo punto di vista, la città di Avellino continua ad essere drammaticamente deficitaria. E a tre anni dall’insediamento dell’amministrazione Festa nulla si è mosso, nonostante i proclami e l’intenzione di percorrere la via delle esternalizzazioni. I due casi forse più emblematici sono quelli relativi all’asilo nido comunale di via Morelli e Silvati e la piscina di via de Gasperi.
Il capoluogo irpino, unico in Campania, dal 2018 è senza un Asilo Nido comunale. Il Comune aveva provveduto a pubblicare un bando per l’affidamento dei locali della struttura di via Morelli e Silvati da concedere in comodato d’uso al privato per 9 anni, esternalizzando di fatto, in ragione del predissesto, un servizio che gestiva in house. Il bando però è andato deserto, perché nessuna offerta economica è arrivata a Palazzo di Città che, a questo punto, sarà costretto a derogare ulteriormente ad un servizio essenziale alle famiglie avellinesi.
Venendo alla piscina comunale, che per la terza estate consecutiva è rimasta chiusa, è chiusa dal marzo 2020, ovvero dal primo lockdown. L’amministrazione Festa, anche in questo caso, ha immaginato una nuova gestione da affidare attraverso un bando che non è stato ancora redatto dagli uffici di Palazzo di Città impegnati in un iter amministrativo molto complesso per rientrare in possesso dei suoli, e togliere di fatto il diritto di superficie concesso per 30 anni al Gruppo Cesaro, per affidarli in project financing ad un nuovo gestore.
Un ulteriore ostacolo che va a sommarsi al lungo braccio di ferro avviato con la Polisportiva Avellino, all’epoca raggiunta da una interdittiva antimafia, prima con un’azione risarcitoria voluta dal Commissario Priolo nei confronti della società che aveva accumulato un debito di 2.5 milioni di euro con il Credito sportivo relativo al pagamento del mutuo per la costruzione dell’impianto, quindi, nell’ottobre 2020, con lo sfratto notificato al Gruppo Cesaro. Senza dimenticare una manifestazione d’interesse finita con un nulla di fatto nel 2019.
Se e quando il testo del progetto di finanza sarà stilato il potenziale nuovo gestore dovrà accollarsi i lavori di manutenzione necessari dopo due anni e mezzo di mancato utilizzo della struttura che versa da tre anni in stato di abbandono.
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