L’ultima sfida
(F.G.) Per l’importanza che riveste e la sostanza che condividiamo appieno, collochiamo volentieri nello spazio degli Editoriali il “pezzo” di Clara Spadea
– di Clara Spadea –
Che tempi strani stiamo vivendo ultimamente! Un susseguirsi ininterrotto, da ben tre anni, di criticità e problemi tracimati al di là di ogni confine e che quindi, grama soddisfazione, condividiamo anche con altri stati, europei e non.
Tempi duri fatti di avversità differenti ma persistenti che ci interrogano sulla nostra capacità di resistere, di affrontarle, di sconfiggerle, in una parola sui nostri limiti.
L’ultima sfida in ordine temporale che stiamo vivendo, in contemporanea con quelle che, ahimè, comunque non ci hanno abbandonati, è costituita da un anomalo incessante caldo torrido, in atto senza sosta da più di due mesi, che ha portato con sé l’ulteriore problema della siccità, che non solo ci ha stremati, ma ha prosciugato e seccato un po’ tutto, fiumi, pozzi, sterpaglie, boschi. È così che è stato favorito tra l’altro il propagarsi degli incendi, molti dei quali attivati per mano scellerata di individui che personalmente mi rifiuto di qualificare come persone malate o “disturbate”; trattasi, per me, di persone prive di qualsiasi briciolo di sensibilità e responsabilità, in grado di dare fuoco ad interi boschi, persino quelli rientranti nel Patrimonio dell’Umanità, solo perché mossi da motivi economici, persone incapaci di comprendere la gravità del cambiamento climatico in atto da cui l’umanità è già attanagliata pur senza le loro azioni, incapaci di sentire il grido della terra agonizzante, incapaci di un sia pur minimo senso civico utile per tutelare soprattutto chi verrà dopo di noi.
Ho negli occhi le frequenti immagini di questi giorni di afa che mostrano gli uomini del Corpo dei Vigili del Fuoco, mai vinti né dalla stanchezza né dalle alte temperature, impegnati infaticabilmente, come dei veri eroi, per ore e giornate intere a spegnere ogni rantolo di fuoco; o anche il loro impegno resosi necessario laddove l’aspetto di paesi e città è stato alterato dai violenti nubifragi degli ultimi giorni, le cui cause vanno ricercate, spesso, proprio nella perdita dei boschi, incendiati con dolo. E così sono venute giù porzioni consistenti di montagne, rese oramai prive di alberi e radici. Colate di terra e di massi hanno inondato case e strade, distrutto macchine in sosta, sono arrivate fino al mare, ne hanno stravolto il colore.
Sì, oramai è agonizzante e sofferente l’urlo della Terra, ma ciò nonostante nessuno lo prende sul serio, né si occupa di limitare realmente i danni creati dalla nefasta mano dell’uomo.
Eppure quando percorro le vie che mi portano al mare o quelle di montagna, io macino solo amore: ho impresse in me le pinete prese d’assalto dalle cicale, ho visto colonie di gabbiani fare festa intorno alle scogliere a picco sul mare, come fossero bambini gioiosi nei pomeriggi d’estate, ne ho viste altre planare silenziose nell’oro del tramonto, ho visto mari di tante differenti tonalità, dal turchese al verde smeraldo o all’azzurro cristallino, ho visto alberi creare archi naturali con gli intrecci dei loro rami, o tramonti fare impazzire di gioia ogni sguardo e cieli lasciar giocare su di sè sole e nuvole…
E allora, salviamo la nostra Italia, il mare, i boschi, questa nostra terra, così difficile ma bella come poche altre, che sa donarci meraviglie, cultura , colori.
Facciamo in modo che anche le prossime generazioni possano sempre macinare solo amore nell’attraversare le loro strade, invece di coltivare spregio e indifferenza verso tutto ciò che non sia il denaro.
Lanciamo una sfida: finché siamo in tempo, non distruggiamo questo meraviglioso mondo!
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