Orgoglio senza pregiudizio
(F.G.) Per l’importanza che riveste e la sostanza che condividiamo appieno, collochiamo volentieri nello spazio degli Editoriali il “pezzo” di Anna Carmen Lo Calzo.
– di Anna Carmen Lo Calzo –
Caro Franco
Cari tutti,
mi sono assentata per qualche settimana, ritirata in un momento di riflessione accompagnato da un sentimento di disapprovazione e disappunto nei confronti di alcuni aspetti della società nel nostro Paese.
L’Italia, come tutto il resto del mondo, è sembrata ripartire per l’estate 2022 all’insegna della voglia di riscattarsi dalla pandemia, di cogliere nuove opportunità, di intraprendere nuove attività, nuovi modi di fare business.
Tuttavia, per lavoro, da circa un mese sto attraversando il Paese trasferendomi da territori interni a località balneari, dall’Adriatico al Tirreno, dalle Alpi agli Appennini, dai laghi alla pianura, da Nord a Sud e sto provando grande svilimento di fronte alla pigrizia fisica e mentale dimostrata quotidianamente da un esercito di persone che dovrebbero essere attente, oltre che dedicate, alla qualità dell’accoglienza.
Si tratta di una svogliatezza interiore che, a mio avviso, non ha origine solo nella frustrazione per la mancanza di tutele o di stipendi adeguati e aggiornati.
Nelle loro azioni, nei loro sguardi, nel modo di porsi delle decine di persone che sto incontrando ogni giorno girando per hotel, ristoranti, locali più o meno alla moda, negozi, agenzie di servizi, sto riscontrando una profonda mancanza di impegno che denota innanzitutto totale mancanza di autostima e di consapevolezza di sè.
Un esercito di donne, uomini, ragazze e ragazzi totalmente demotivati, privi di passione, con lo sguardo assente o intermittente sull’orologio per il conto alla rovescia delle ore di lavoro.
La mia diagnosi sarebbe la seguente: disagio, vuoto, improvvisazione con sè stessi, prima che con il resto del mondo. Mancanza di obiettivi.
La mancanza di entusiasmo nei confronti di ciò che si fa, l’assenza di empatia, l’apatia, il lavoro considerato come un insieme di diritti con pochi doveri, sono segnali pericolosi.
Una società vincente si regge sulla solidità di persone che, anche nei momenti più bui e più scarsi, cercano di accendere la luce.
Si tratta del faro della dignità, la luce della consapevolezza di essere persone con qualità, valori, competenze, a prescindere dallo sforzo di sopportare o di accontentarsi.
Una sorta di bagaglio personale fatto di interessi, passioni, sogni, ambizione che lottano sempre e comunque.
Lo stupore che si rinnova viaggiando per l’Italia, la meraviglia delle sue Bellezze che lasciano i turisti senza fiato, l’arte, la cultura, l’enogastronomia, tutto ciò risulta spesso in contrasto con la svogliatezza, la noncuranza, l’improvvisazione.
Orgoglio, sana presunzione, coinvolgimento, conoscenza, valorizzazione, sono concetti essenziali nelle attività di accoglienza. Stile, preparazione, ambizione, motivazione, possono essere un antidoto alle crisi personali, oltre che a quelle sociali, un modo per essere comunque vincenti, la sfida che porta ai risultati.
Questo Paese è un contenitore di Bellezza, la patria e l’essenza dei valori umani più autentici e profondi.
Non riconoscersi in tutto ciò, non sentirsi partecipi,non valorizzare sè stessi ogni giorno nelle proprie attività piccole, medie e grandi, non condividere la consapevolezza di chi siamo, da dove veniamo, cosa abbiamo da offrire con garbo e passione, significa autodistruggerci.
A questo proposito, oggi mi trovo a Barletta in occasione del Jova Beach Party 2022.
Un evento musicale simbolo della voglia di ripartire, che sta radunando sulle spiagge italiane decine di migliaia di persone.
Prima di recarmi sul posto e di pensare alla musica e al divertimento, ho deciso di concedermi una visita alle bellezze artistiche e storiche della nota città pugliese.
Giunta nella “Cantina della Disfida”, nella quale ebbe luogo la tensione che nel 1503 portò al famoso scontro tra 13 cavalieri italiani e 13 cavalieri francesi, e che si concluse con la vittoria del valoroso Ettore Fieramosca, sono stata accolta da Domenico, dipendente comunale addetto al controllo degli ingressi (gratuiti).
Situata in pieno centro storico, la taverna della disfida è un luogo di grande fascino, intriso di storia e di simboli. Rappresenta una delle prime pagine di storia in cui affiora il senso di identità nazionale. Al suo interno sono esposti una serie di oggetti del tempo conservati in perfetta condizione.
Non mi aspettavo altro che una piccola brochure da consultare, niente visita guidata, niente auricolari, solo didascalie. E invece sono stata colta da una piacevolissima sorpresa: Domenico si è alzato dallo sgabello posto sui gradini dell’ingresso e ha iniziato una delle spiegazioni più chiare, efficaci, sintetiche ma dettagliate, della storia del luogo e degli eventi di quel famoso momento storico.
Domenico è uno come tanti, sicuramente vive questo difficile momento politico, sociale ed economico con apprensione e con difficoltà. Non ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato, è di mezza età, ha figli, una moglie disoccupata e bollette rincarate da pagare a fine mese.
Ciononostante, la sua professionalità è stata stupefacente. In quei pochi minuti si è speso per farmi comprendere e apprezzare quel luogo magico, oltre che storico, anche grazie alla sua passione e al suo racconto carico di orgoglio.
Non ci vuole tanto, bastano dignità, autostima e senso della realtà. La realtà è che siamo un grande Paese, ma per continuare a esserlo dobbiamo nutrirci di passione in ogni sua accezione, acquisire senso critico, orgoglio, consapevolezza e rispetto verso le nostre singole potenzialità che si trasformeranno in potenziale nazionale.
Se tutti lo facessimo, a prescindere dall’attività che svolgiamo o nell’ottica di quella che vorremmo svolgere, girare per l’Italia non sarebbe più una frustrazione per noi e una delusione per qualche turista straniero con il quale mi sono confrontata.
Domenico è un esempio di civiltà, speranza, responsabilità, coscienza.
Buona domenica.
I commenti sono chiusi.