ATRIPALDA – IMMAGINARI MONELLI

Con l’avvicinarsi dei favolosi anni sessanta e del cosiddetto miracolo economico, apparvero e si diffusero le “motorette” di vario tipo, anch’esse a due ruote ma ovviamente destinate a prevalere sulle semplici biciclette, che pur conservarono un buon posto nell’uso e nello svago dei giovani Atripaldesi.
Ma ormai v’era l’entusiasmo del motore, dalla cui seduzione essi non potevano certamente sottrarsi; sì che cominciarono, sia pur timidamente, a scorazzare per le strade del Paese, rumorosamente ed anche un po’ con desiderio di esibizione.
Ed al riguardo si narrava dell’avventura di un paio di “monelli” nostrani, l’uno dei quali, pur non essendo ancora esperto, volle egualmente sperimentare, com’era un po’ nella sua natura, il brivido della velocità del nuovo veicolo, ponendosene alla guida ed ospitando sul sellino posteriore un suo addirittura più giovane amico deciso a condividere quell’impresa fiducioso (bontà sua) dell’abilità del conducente.
La motoretta partì con vigore e tutto procedeva per il meglio finché si trattò di guidarla soltanto in avanti per le strade di Atripalda, abbastanza sgombre per poter consentire di procedere con sufficiente facilità e spensieratezza.
Ma l’imprevisto era, come sempre, appostato “dietro l’angolo”.
Ed infatti, dopo una svolta abbordata da quel temerario, che già si sentiva un novello “centauro”, apparve procedere, in contrario senso ed in avvicinamento, una solenne processione.
Questa recava, rigorosamente in prima fila, la statua del Santo di turno (fra le tante celebrazioni che si facevano nel Paese), accompagnato ovviamente da religiosi, autorità, rappresentanti di ordini associativi e seguito da lunghissime schiere di fedeli, recanti candele accese, lungo i due margini della strada.
E a questo punto si raccontava altresì (ma era ormai chiaro trattarsi unicamente di un’inventata “leggenda”, imbastita al solo scopo di divertirsi) che il corteo si sarebbe lentamente avvicinato, senza alcun timore verso i due monelli, continuando a pregare con serietà, quasi a sfidare l’incontro o lo scontro con il motoveicolo; che, da parte sua, neppure accennava a rallentare l’andatura per fermarsi e tanto meno a sperimentare un’inversione della propria marcia.
Si immaginava però con la fantasia che questa condotta di guida, apparentemente ascrivibile a ribalderia, fosse in verità dovuta soltanto alla irresponsabilità di quell’improvvisato motociclista; che, per la sua quasi totale inesperienza di guida, difronte all’imprevisto del Santo in processone, effettivamente non avrebbe saputo “a quale Santo votarsi” circa la giusta manovra da fare.
E si è pensato che sia stato per questo che l’immaginario “monello” possa aver adottato un’estrema decisione di proseguire nella stessa originaria direzione evitando (miracolosamente?) la collisione col Santo ed “infilandosi” intrepidamente tra le due ali di fedeli al seguito, sino a scorrerle per intero in contrario senso.
E si disse anche che quei due monelli-fantastici, dopo tale bravata, si sarebbero dileguati, non senza, però, aver inevitabilmente incassato dai fedeli irritati – sospese le preghiere – sguardi di indignata disapprovazione nonché qualche sommessa parola di rimprovero (come “delinquenti” o simili) per quanto commesso.
Questa vicenda sicuramente partorita da prolifica immaginazione come l’incubo di un divertente sogno, venne anche confermata nella sua non credibilità dal fatto che dei due monelli, perdutesene le tracce nell’immediato, non si seppe più nulla neppure successivamente.
Pertanto di essi rimane vero soltanto il semplice racconto di quel “rischiato scontro” stradale nientemeno con un Santo in processione, evento davvero singolare (da giocarsi sopra qualcosa, se davvero accaduto) e che, essendo dovuto a mera irresponsabilità giovanile, sarebbe stato “Là su” certamente perdonato, grazie magari all’intercessione dello stesso Santo coinvolto.
O poteva anche essere il caso, forse, di ammonire: “Gioca coi fanti, ma lascia stare i Santi!”, sempre che, ripetesi, tutto quel fatto fosse stato reale.

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