LO SCHUSTER, PALESTRA DI VITA
A Milano esiste un luogo nel quale i bambini e gli adolescenti imparano i fondamentali della vita e “maturano per gradi come la natura esige”.
Sto parlando del Centro Schuster, storico centro polisportivo della periferia est di Milano, fondato 68 anni fa da Padre Lodovico Morell SJ, padre gesuita dotato di grande spirito di intuizione, totalmente dedicato all’educazione dei giovani. Fondatore e anima del centro, padre Morell è stato un visionario che ha saputo trasformare il concetto di “oratorio” in “progetto di unificazione”.
“Il Centro Schuster parte dalla forte convinzione che lo sport è una potente componente educante del giovane. Tradurre fedelmente questa enunciazione signifca operare nel mondo giovanile aiutandolo a scoprire la validità educativa dello sport e la potenzialità formativa del tempo libero quale momento per alimentare la libertà di attendere al proprio svago, di sviluppare la propria cultura, di scoprire la necessità di un coerente impegno sociale”.
Così, nel 1989, Padre Morell descriveva la tensione creativa che da 54 anni alimentava il suo operato e quello di tutte le famiglie coinvolte nel progetto.
“Dopo la guerra, nel 1946, mi avevano affidato l’Oratorio della Parrocchia di S.Fedele. Come sede avevo a disposizione solo alcune stanze rimaste in piedi dopo il bombardamento del’43 ed un fazzoletto di cortile liberato dalle macerie. Dopo alcuni anni di attività entusiasmante, i ragazzi erano notevolmente aumentati e si poneva il problema dei giovani entro tutta la vecchia cerchia del Naviglio della città di Milano. Preoccupato di fare qualcosa per i ragazzi e per non perdere altro tempo, mi rivolsi a Sua Eminenza il Cardinale Schuster e gli esposi la situazione.
Il Cardinale era appena rientrato da una visita pastorale alle 8,30 del 21 Giugno 1954.
La porta era aperta, era solo, entrai. Mi ascoltò con il viso infuocato, era già molto malato. Mi lasciò dire tutto, poi con voce ferma mi disse che voleva avere una proposta concreta. Ma non avrei dovuto pensare a costruire né scuole né pensionati, avrei dovuto cercare un grande prato in periferia.
Pochi giorni dopo, ricevetti il foglio che avevo lasciato a Sua Eminenza con la mia richiesta. Il foglio conteneva la risposta, scritta a mano dallo stesso Cardinale, e riportava le seguenti parole:
“Colui che vi ha dato di volerlo, vi dia l’aiuto per portarlo a termine.”
Così nacque lo Schuster.
Qui ogni ragazzo viene inserito per quello che è e non per quello che ha. Impara a valorizzare il corpo, senza mai per questo sacrificare i doveri dello studio e della vita sociale.
Gli educatori e tutte le famiglie coinvolte propongono un esempio di unificazione e di condivisione, di sostegno ai meno abbienti, ai meno dotati, senza escludere nessuno dall’attività sportiva. Una comunità cristiana al servizio dei giovani, educatori illuminati dallo spirito di apertura degli animi. Un luogo di accoglienza che mette l’Uomo al centro, che ne valorizza le capacità, le propensioni, l’unicità e che tollera differenze, debolezze, difficoltà cercando di integrate e di orientare i giovani al meglio.
Sono tornata allo Schuster dopo decenni per portare mio nipote a scuola di basket. Ho provato gioie e dolori nella sua stessa palestra, è lì che ho capito il senso della competizione ed è lì che ho imparato a riconoscere i miei limiti e a sfidarli.
Agonismo, motivazione, disciplina, obiettivi e rispetto li ho conosciuti allo Schuster.
Allo Schuster si impara tutto e ci si sente “protetti” dalla certezza di trovarsi un luogo sano, umano, pulito.
Le famiglie non rinunciano ad affidare i loro figli e i loro nipoti a questo centro nel quale, nella maggior parte dei casi, loro stessi sono cresciuti.
Lo Schuster è rimasto esattamente ciò che era: il cancello verde, il lungo viale alberato che costeggia i campi di calcio, di atletica e di tennis, il capannone e la palestra del basket; la segreteria, il bar anni ’70 con gli arredi d’epoca, dove ancora oggi ordini il chinotto.
Ma ciò che più mi emoziona quando varco la soglia, è la tenda bianca riservata a colui che, insieme a Padre Morell (scomparso diversi anni fa) ha fatto e continua a fare la storia del centro: Sergio Panzera.
Lui, il mister, il coach più carismatico della città, il padrone di casa che conosce tutto e tutti e che non ti fa entrare se non ti conosce.
Panzera è un’istituzione, è il cuore dello Schuster, tutto passa da lui.
Da sempre lo ami e lo odi perché lui è il burbero con l’anima, è il coach che tutti vorrebbero avere, quello che ti incute soggezione e allo stesso tempo ti spiazza con la battuta in dialetto milanese, accompagnandoti per mano dal tuo educatore.
Ecco, Panzera incarna in tutto e per tutto lo spirito di questo centro di formazione di corpo e di anima.
Lo Schuster è una scuola di vita che non dimenticherò mai, il posto nel quale spesso non volevo andare perché proprio lì avevo scoperto che la mia anima non amava troppo la competizione, ma che dovevo sfidarmi e trovare la chiave per affrontarla.
Lo Schuster ti aiuta a capire chi sei e ti rispetta per come sei. È una seconda casa, ci porti figli e nipoti perché sai che ancora oggi Panzera, signore ultra ottantenne in piena forma, ti aiuterà a capire chi sono i tuoi ragazzi. I suoi educatori saranno altrettanto capaci di intercettare propensioni, desideri, qualità, fragilità e limiti perché anche loro hanno fatto lo stesso percorso.
Da grande lo Schuster mi accoglie con calore.
Panzera inizialmente mi scruta con sospetto, ma poi mi riconosce grazie all’annuncio del mio cognome (mio fratello è stato un suo allievo e un suo educatore).
Passato il “check point”, rimango avvolta da un’atmosfera magica, fiabesca, poetica. Ho riconosciuto pietre, alberi, gradini, odori e ho incrociato sguardi di volti non vivi ma presenti, come quello di Padre Morell. Grande educatore, severo, autorevole, molto spirituale.
Io dico che quando sei in crisi, quando sei giù, quando hai bisogno di sentirti protetto, di ritrovare energie positive e primordiali, lo Schuster è il posto giusto.
Ti riporta all’essenziale, alla vita che scorre e che non corre, alla naturalezza, all’equilibrio.
Le corse dei ragazzi, le loro voci, i loro entusiasmi, le loro espressioni di delusione, le lacrime, le pacche sulle spalle, gli abbracci, i cori incitanti, tutto questo ti riporta alla vita togliendoti di dosso il peso di ciò che ti affligge.
Lo Schuster è nel mio cuore e nel cuore di tantissime famiglie milanesi che lo sostengono; è rimasto un posto vero, un luogo di tradizione nel quale certi valori si tramandano e si trasmettono in modo diverso rispetto ad altre realtà cittadine.
A volte basta poco, quel poco fatto di dedizione, assiduità, passione, un poco che diventa immenso per quello che fa vibrare.
Lo Schuster è sempre lì, nei pressi della tangenziale est, a pochi chilometri dall’aeroporto di Linate.
La rotta del decollo è proprio sopra il centro e adesso che ci penso, quando ero ragazzina, mi piaceva seguire i voli con lo sguardo mentre immaginavo il mio futuro “non competitivo”.
Osservavo gli aerei in piedi, fuori dalla palestra che amavo e odiavo e mi domandavo chi li occupasse e dove stessero andando.
Solo pochi anni dopo mi sono ritrovata su quei voli presi per il mio lavoro – ironia della sorte- super competitivo e ad ogni decollo non ho mai perso l’occasione di guardare giù e di intercettare la mia palestra di vita.
Quella palestra mi ha dato gioie e dolori e mi ha insegnato che in ognuno di noi esiste una natura, un tempo per scoprirla, un modo per conviverci o, se necessario, per modificarla a nostro favore.
Grazie Schuster, ho intenzione di chiedere a Panzera se mi accetta ad allenarmi tra alberi e prati mentre aspetto mio nipote.
Magari nascesse un nuovo progetto per adulti…Sono certa che tanti di noi avrebbero ancora bisogno di lui!
Buona domenica.
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