A chi giova la guerra nella politica irpina

Diteci pure che il nostro appello è destinato a cadere inesorabilmente nel vuoto. Aggiungeteci anche che è tempo perso, considerata la qualità non proprio esaltante dell’attuale classe dirigente politica irpina. Tuttavia, il tentativo lo facciamo a prescindere. Non per generosità, non per patriottismo territoriale. E nemmeno per dovere morale. Mettiamola così: lo facciamo per poter poi mettere all’indice, a ragion “riveduta”, una classe dirigente che non merita l’onore di rappresentare questa provincia; e che, per il bene di questa provincia, andrebbe democraticamente mandata a casa il più presto possibile, magari anche a pedate.

L’appello parte dalla constatazione di un dato di fatto e da una domanda secca, senza fronzoli. Il dato di fatto è la percezione sempre più chiara dell’irrefrenabile voglia di guerra che serpeggia tra i generali, i capitani e i caporali di giornata di questa classe dirigente politica.

Una carrellata per disegnare la realtà irpina presente. Le diverse fazioni del Partito Democratico occupano sulla scena belligerante il maggiore spazio e ruoli da protagonisti. I 5Stelle, nonostante abbiano fatto il pieno alle parlamentari del 2018 e conquistato un seggio in Regione a settembre 2020, restano sostanzialmente “comparse”: incidono poco quanto niente sui processi di sviluppo dell’Irpinia, in buona sostanza è come se non ci fossero, scompariranno con le politiche del 2023 (anche a causa dell’abbondante sforbiciata di deputati e senatori da loro voluta). A sinistra del Pd esistono da queste parti tante buone intenzioni ma voti e rappresentanza prossimi a zero. Al centro Italia Viva è mezza morta e si ascolta qualche debole vagito di Azione. Nel centrodestra cresce a ritmi esponenziali (almeno nei sondaggi sulle intenzioni di voto) Fratelli d’Italia, epperò anche qui incidenza zero sul governo del territorio; ha buona visibilità e seguito FI da quando è al governo di (quasi) unità nazionale, mentre la Lega sopravvive a stento, senza arte né parte, e si avvia al definitivo declino.

Rispetto ad una realtà del genere, la domanda è addirittura scontata: a chi mai potrebbe giovare la guerra? Al Pd? Giammai. Una fazione che conquistasse un briciolo di potere in più, ma a discapito della perdita di consenso complessivo del partito, tutt’al più potrebbe gioire della proverbiale vittoria di Pirro. È esattamente ciò che rischiano i dem. E’ un errore gravissimo e grossolano sottovalutare – come generali, capitani e caporali di giornata stanno facendo – i danni d’immagine provocati al partito dalle interminabili guerriglie interne, purtroppo tutte finalizzate ad occupare nuovi spazi di potere personale e non già a rimuovere le cause che vedono l’Irpinia in posizioni assai critiche nelle classiche di occupazione e disoccupazione, Pil, benessere, servizi, qualità della vita, ambiente, velocità e consistenza dei processi di sviluppo.

Non potrebbe giovare, questa matta voglia di guerra, ai 5Stelle. Fin quando erano all’opposizione, potevano consentirsi il lusso di vivere della rendita comune a tutti i partiti e movimenti populisti: basta alimentare lo scontento dei cittadini e il gioco è fatto. I problemi cominciano quando dall’opposizione, sempre comoda e facile, si va al governo. I 5Stelle ci stanno ininterrottamente da 4 anni, due e mezzo dei quali con un loro Premier, ancorché improvvisato, e non pare che passeranno alla storia per aver rivoluzionato l’Italia. Al contrario, hanno saputo mettere in vetrina tutte le loro contraddizioni, arrivando oggi – ancora con l’improvvisato ex Premier Giuseppe Conte, ora nei panni di leader del Movimento – a stare contemporaneamente al governo e all’opposizione, ovvero a creare casini ogni giorno, roba d’alzate di gomito all’osteria. Al riguardo andrebbe ricordato ai grillini che l’esercizio accademico di “lotta e di governo” non riuscì nemmeno ad un partito strutturato e con gente dotatissima di attributi, quale fu il Pci degli anni Settanta con la leadership del Grande Berlinguer: figurarsi dove possono andare a parare i dilettanti allo sbaraglio grillini. In Irpinia questa strada non la tentano nemmeno, ed è una fortuna per loro. Le poche volte che hanno provato a muovere guerra contro qualcosa o qualcuno, si sono ritrovati a farla a se stessi. Signore, pietà!

Non porterebbe alcuna utilità, la guerra, a Italia Viva. Da quando il suo massimo rappresentante istituzionale irpino, il consigliere regionale Enzo Alaia, si è vestito da Don Chisciotte, non ne ha indovinata una. Di questo passo, senza nemmeno scomodare i mulini a vento, pian piano non gli darà retta nemmeno uno dei suoi non pochi Sancho Panza presenti nelle amministrazioni comunali della provincia.

Non gioverebbe di certo la guerra al partitino irpino di Calenda: non ci sono le truppe, ovvero manca il presupposto. Idem per la Lega. Mentre sarebbe addirittura dannosissima per Forza Italia, che finalmente sta riguadagnando terreno da quando ha compreso che in tempi di grave emergenza economica, sociale e istituzionale, come quella che stiamo vivendo, alla fine la responsabilità viene premiata.

Nel panorama proposto manca soltanto Fratelli d’Italia. Qui il discorso è diverso. In Irpinia sono destinati a crescere a dismisura i consensi per Giorgia Meloni, anche se il partito di fatto non esiste. E poiché non esiste, non c’è nemmeno il rischio che si metta a guerreggiare: né contro le altre forze politiche né al proprio interno. I consensi che arrivano alla Meloni sono “ideologici”. Il suo partito è primo in Italia nei sondaggi, e probabilmente lo diventerà presto anche in Irpinia, perché a fronte dell’ammuina di tutti gli altri – un’ammuina condita di chiassi e incoerenze – la leader di Fratelli d’Italia ha indicato una strada precisa e non cambia percorso. Il suo successo è soprattutto nel valore della coerenza, che diventa “riferimento” e “affidabilità”, roba molto attrattiva nel caos insopportabile della politica nazionale e di quella campana e irpina.
A ben vedere, le guerre tra e dentro gli altri partiti – in Irpinia come nel resto d’Italia – giovano soltanto a Fratelli d’Italia.

Perciò, meditate – voi generali, capitani e caporali della classe dirigente politica irpina – meditate! Diversamente, abbiatene certezza: sarete mandati democraticamente a casa molto prima di quanto possiate immaginare. Forse sì: perfino a pedate!

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