QUELL’INVITO ALLA PACIFICAZIONE DEL SINDACO DI AVELLINO
Nel clima di noiosa belligeranza della politica amministrativa avellinese – invero più guerra tribale che stellare – il giorno di San Modestino è arrivato un fulmine a ciel sereno che potrebbe dispiegare sufficiente energia positiva per uscire dallo stagno in cui il capoluogo da tempo si dimena senza produrre apprezzabili risultati utili.
La cosa sorprendente è che il fulmine, in questo caso benefico, è stato propiziato da chi mai te lo saresti aspettato, e tanto alla luce delle molte vicende assai discutibili che hanno caratterizzato la vita politico-istituzionale del capoluogo nei due anni e otto mesi già decorsi dalle elezioni comunali del 10 giugno 2019.
Quel fulmine porta la firma del sindaco del capoluogo, Gianluca Festa. Ed assume una valenza simbolica molto significativa, direi “religiosa”, perché il sindaco ha pronunciato le parole e i concetti che seguono nel Duomo, per di più nel giorno del Santo Patrono di Avellino.
Festa ha detto: “C’è troppo disfattismo, troppa caccia alle streghe. E troppi atti vandalici rovinano questa città… Io sono sempre dell’avviso che vada bene una contrapposizione politica, ma quando si scende nel personale e nel livore non si dà mai una bella immagine. Pur nelle differenze, ritengo che un ritorno al dialogo, ed anche un confronto molto duro sui temi, ci possa essere. Ma, come nei buoni matrimoni, serve la volontà reciproca”.
Parole chiare e sagge, dunque condivisibili. Ma a condizione che l’autore della bella “predica” riconosca innanzitutto le responsabilità del “pulpito”. Che poi, per stare alla metafora matrimoniale, significa riconoscere che, se il rapporto fin qui non ha funzionato, le colpe non possono mai essere addebitate ad una parte soltanto.
In verità, la relazione tra maggioranza e opposizione era marcia ancor prima che dispiegasse i suoi effetti devastanti all’interno del Consiglio comunale e nei confronti a distanza. Era marcia perché tale era, e purtroppo è rimasto, il clima politico (ma più correttamente si dovrebbe dire il clima del pessimo Partito Democratico) in cui le candidature di Festa e Cipriano nacquero. Ma guai a rimettere il naso in quegli eventi dei quali ancora oggi si scontano le conseguenze: le molestie olfattive sarebbero tali da privare d’ogni energia positiva non solo i fulmini ma anche le saette che ne dovessero seguire.
Proviamo, allora, a prendere per buona, sincera, genuinamente intenzionata a costruire, non più a demolire, la mano tesa dal sindaco alle opposizioni e agli avversari politici. Proviamo ad accordare fiducia al gesto di “pacificazione” che sembra potersi leggere nelle parole del sindaco. Le domande essenziali alle quali egli per primo dovrebbe dare risposte chiare sono: da dove si ricomincia? Con quale metodo? Per conseguire quali obiettivi?
Il sindaco di Avellino certamente saprà che San Modestino, cui evidentemente egli si è ispirato lunedì scorso in Duomo, si chiamò così per l’etimologia e il significato del nome: la “modestia” come caratteristica essenziale per essere un buon cristiano.
Quale migliore occasione e riferimento alla modestia, dunque, per ricominciare? Non è impresa difficile: basta “scendere da cavallo” prima di parlare, giudicare, decidere le cose. Essere modesti non significa sminuire le proprie capacità. È vero il contrario. Le persone che pensano, parlano e agiscono con modestia sbagliano meno, perché non si lasciano accecare dalla presunzione, dalla superbia, dalla spocchia. Sono realiste, tengono i piedi ben saldi a terra, non sono vanagloriose.
Con questo metodo si può ricominciare, indifferentemente, dall’inizio o dalla fine dei due anni e otto mesi già passati di amministrazione comunale. Perché, allo stato dell’arte, considerato che non si può riavvolgere il nastro del tempo andato, la cosa più importante è non continuare a sbagliare.
Quanto agli obiettivi da raggiungere, lo sanno anche i bambini quali sono: in una espressione, Avellino deve finalmente diventare ciò che è di nome ma di fatto non è mai stata, ovvero “Capoluogo di Provincia”, esempio e guida di tutti gli altri comuni irpini.
Vero: perché i matrimoni non solo si facciano ma durino anche, serve la volontà reciproca dei contraenti. Nelle fattispecie, le opposizioni devono impegnarsi perfino più del sindaco e della maggioranza. Non certo perché possano essere additati di maggiori responsabilità per i risultati insoddisfacenti dell’azione amministrativa. Più semplicemente perché, avendo perso le elezioni due anni e otto mesi fa, devono dimostrare di essere migliori degli altri se vogliono vincere la prossima volta. Tutto qui.
Si potrebbe dire, a chiosa finale del bel gesto del sindaco di Avellino, ma anche delle più volte declamate buone intenzioni delle opposizioni, che sarebbe davvero fausto il giorno in cui l’agognata “pacificazione” amministrativa e politica, nel capoluogo come nell’intera provincia, si realizzasse. Gramscianamente, con tutto l’ottimismo della volontà e la sincera, profondissima speranza che ciò possa avvenire, mi sia consentita la riserva di pessimismo della ragione. La qualità del Presepio dipende molto dalla qualità dei pastori. Ho il timore che per diverso tempo ancora saremo costretti a dire che questo Presepio non ci piace. Magari i nostri pastori riuscissero a smentirci!
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