Processo “La Montagna”, Domenico Pagnozzi assolto: era stato condannato a 16 anni

Assolto in via definitiva "perché il fatto non sussiste" dall'accusa di associazione di stampo mafiosa il boss della Valle Caudina Domenico Pagnozzi, che ora può richiedere il risarcimento danni per ingiusta detenzione. In primo grado e in appello era stato condannato a 19 e 16 anni di reclusione. Ma "Mimì o'professore" deve comunque scontare 30 anni di carcere per la condanna ricevuta nel processo "Camorra Capitale"

Assolto perché il fatto non sussiste dalle accuse di associazione di stampo mafioso e detenzione aggravata di armi il boss della Valle Caudina Domenico Pagnozzi. Nove anni dopo l’arresto, nell’ambito dell’operazione denominata “La montagna”, “Mimì occhi di ghiaccio”, considerato il capo di una vasta associazione che controllava il territorio della Valle Caudina, tra le province di Avellino e Benevento, tutti accusati per vari reati , dall’usura, all’estorsione, al traffico degli stupefacenti fino al tentato omicidio, è stato completamente scagionato dai giudici della Corte d’Appello di Napoli.

Un procedimento dagli esiti altalenanti quello nei suoi confronti: fu condannato in primo grado a 19 anni di reclusione, ridotti a 16 in appello, poi la Cassazione invece accolse il ricorso dei suoi legali, gli avvocati Alfonso Furgiuele e Dario Vannetiello, ritenendo che i fatti contestati non erano idonei a descrivere un’associazione di stampo mafioso né la detenzione di armi, e invalidò anche il decreto di luogo a procedere alle intercettazioni a carico di Pagnozzi: secondo gli Ermellini non vi erano sufficienti elementi di colpevolezza per disporle.

Il processo è stato rinviato dunque in appello, che ora ha emesso la sentenza definitiva di assoluzione piena, accogliendo le tesi della Cassazione. Ora Pagnozzi può richiedere il risarcimento danni per ingiusta detenzione e concludere la sua detenzione al 41 bis, il regime di carcere duro, applicato proprio per questo procedimento.

“Mimi o professore”, com’è anche soprannominato, resta comunque in carcere, per scontare la pena a 30 anni inflittagli dalla Cassazione, dunque in via definitiva, in quanto ritenuto reggente dell’associazione mafiosa imputata nel processo su “Camorra Capitale”: il gruppo criminale da lui guidato aveva il controllo del malaffare nella zona del Tusculano a Roma

I commenti sono chiusi.