OTTENER GRAZIE
A volte, specie in settembre, alle prime luci dell’alba, nel silenzio di Atripalda ancora nel sonno, in lontananza composti canti di gruppi di persone attraversavano il Paese, allontanandosi fino a svanire.
Li udivamo come un consueto e raro saluto amico. Erano i pellegrini che da molti paesi vicini, a piedi, si dirigevano oltre Atripalda ed Avellino, verso Ospedaletto, da dove iniziavano la salita della montagna di Montevergine sino a raggiungere il Santuario della Madonna, lassù, quasi in cima.
Era un’impresa che soltanto altri tempi, ormai remoti, potevano consentire alla ferma venerazione popolare, la quale, sia pur nello sforzo eccezionale, sembrava non avvertire la fatica, nella certezza di poter ottenere qualche grazia divina.
A volte il gruppo, durante il percorso, faceva breve sosta ad Atripalda per riposare un po’, prima di proseguire. Uomini e donne, compostamente adagiati alla meglio sotto gli alberi del largo tigli, consumavano, senza farsi notare, un po’ della loro frugale colazione portata in borse e dopo poco riprendevano il faticoso cammino, evidentemente sorretti dalla loro fede.
Il camminare così a lungo ed il salire su un’alta montagna per andare finalmente a pregare in quel Santuario e chieder grazie alla Vergine (spesso salendo scalzi o in ginocchio la scalinata finale del tempio) era evento eccezionale che non poteva non commuovere e che forse soltanto un’intensa religiosità rendeva realizzabile.
Era infatti un autentico pellegrinaggio, perché quel rito viveva così da lunga consuetudine, favorito un po’ anche da Atripalda, che vi partecipava idealmente accogliendone il passaggio con amore e rispetto.
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