UN DOVEROSO “VAFFA” AL PD IRPINO

Riassunto in sei punti della “scena” irpina tratteggiata nei nostri editoriali delle ultime settimane.

1) Al netto degli immancabili barbari che nascono e crescono qui come in tutti gli altri luoghi del mondo, il “popolo” della provincia avellinese si è comportato egregiamente nella guerra al Covid. Forse ne stiamo uscendo, ma è ancora presto per cantar vittoria, anche perché la “cosa” non è provinciale, non viviamo sotto la campana di vetro. È indispensabile fare altri sacrifici. E ne vale la pena: il buon senso ce li farà fare, e noi ce la faremo ad uscire dal tunnel.

2) Abbiamo la fortuna, come il resto degli italiani, di avere un Capo del Governo competente, pragmatico, credibile, prestigioso, onesto. Il quale sta non un centimetro bensì anni luce al di sopra delle miserabili mediocrità dei partiti politici nessuno escluso; ed ha riscattato in Europa e nel mondo l’immagine di un’Italia devastata proprio dalla pessima partitocrazia degli ultimi quarant’anni.

3) Abbiamo, di converso, un sistema politico-istituzionale provinciale di basso profilo: la causa è lo scadimento una classe dirigente per lo più rappresentata da gente incapace, autoreferenziale, chiacchierona, inaffidabile, talvolta disonesta, assai spesso trasformista.

4) Il nostro Pil è tra i più bassi delle province italiane, il tasso di disoccupazione – specie giovanile – tra i più alti. L’apparato industriale è dignitoso, le infrastrutture immateriali decisamente carenti, la rete viaria “quasi” buona, l’Alta Velocità/Alta Capacità ferroviaria si avvia a diventare realtà ma da sola non basta, i trasporti pubblici su gomma gravemente insufficienti nelle aree più interne, i servizi sociali improvvisati e dunque di bassa qualità, il sistema sanitario territoriale bisognevole di cure ricostituenti robuste ma non campanilistiche, il supporto istituzionale al mondo scolastico assolutamente inadeguato, di valenza identica il sostegno alle attività culturali, visione zero dello sviluppo turistico.

5) Il Padreterno ha donato a questo territorio una ricchezza naturalistica corposa, ma qui si inquina come e più che nella Pianura Padana, con la differenza che lì si campa di polpa e dalle nostre parti di osso. Se a rovinare l’ambiente naturale provvedono imprenditori senza scrupoli, che la fanno puntualmente franca chissà perché, per quello sociale ci pensano i clan: checché ne dicano i benpensanti a tutti i costi, l’Irpinia ha una tradizione camorristica di “tutto rispetto”, molto spesso tollerata – e ancora una volta chissà perché – da ambienti politici più dediti ai propri interessi elettorali che al bene comune.

6) Gli irpini hanno molti difetti e ci mancherebbe; epperò hanno altrettante grandi virtù. Ne hanno in campo lavorativo, produttivo, sociale, scientifico, culturale, politico. Hanno virtù squisitamente caratteriali: una per tutte, la pazienza. Tanta pazienza da suscitare l’invidia di Giobbe. Si può spiegare soltanto così, d’altronde, perché vengono sopportati certi politici e sindaci fenomeni da baraccone, perché nei loro confronti non si pronunci ancora un sonoro, collettivo, doveroso Vaffa con l’eco tendente all’infinito. Il medesimo Vaffa – esemplificando – che meriterebbe il Partito Democratico di questa provincia.

Ci siamo, ecco il punto titolo del presente editoriale: Caro Pd irpino, adesso basta: adesso Vaffa! E, naturalmente, spieghiamo perché.

Il Pd irpino – le cui truppe più mature sono nate e cresciute nell’ex Dc, nell’ex Pd e negli ex Psi e Psdi – è oggi l’unico partito esistente in provincia, o quanto meno – come si dice – l’unico partito “strutturato”. Da tale che è, dovrebbe anche essere il partito maggiormente sensibile rispetto alla “scena” d’Irpinia appena tratteggiata. Ancor più “dovrebbe” nella condizione di assenza consolidata di altre forze politiche; e, per stare alla cronaca recente, di presenza superflua, se non proprio dannosa, della rappresentanza parlamentare plebiscitaria del Movimento 5 Stelle.

Non è azzardato affermare, invece, che il Pd irpino – unico strutturato e di gran luglio meglio radicato nel territorio che fu della Dc, del Pci, del Psi e del Psdi – è di fatto il partito che procura più danni d’inerzia di tutti gli altri partiti e movimenti provinciali messi assieme. Con l’aggravante che, pur potendo far camminare un qualche straccio di idea sulle gambe dei tanti rappresentanti istituzionali e militanti che si ritrova, continua imperterrito ad esibirsi nello stucchevole minuetto delle sue diatribe interne: sicché, invece di farci vedere e sentire in giro qualche straccio di idea sui problemi che affliggono la provincia, sono anni ormai che assistiamo al lancio di reciproci stracci in faccia tra deluchiani e decariani. Se a ciò si aggiunge l’assoluta mancanza, tra i due schieramenti, perfino d’un’ombra che almeno vagamente possa restituire le fattezze d’un leader, si capisce quale drammatica profondità abbia raggiunto in Irpinia la crisi della politica.

Ora, sul piano del bene comune, uno spettacolo del genere apparirebbe già intollerabile in tempi d’ordinaria amministrazione. Figurarsi quale effetto devastante esso può produrre nella testa della gente comune – al tempo del Covid – quotidianamente afflitta dalla paura del Virus, dal tampone, dal green pass, dal vaccino, dai trasporti che funzionano male, dai figli a scuola, dal lavoro che manca, dall’inflazione che aumenta e prezzi che salgono a salario sempre uguale, e senza contare le ordinarie, umane frustrazioni che la società liquida induce e produce a catena.

Pensate: anziché prendere a volo l’occasione di un congresso che si svolge nel contesto drammatico degli effetti umani, economici e sociali indotti dal Covid per dare prova di responsabilità, maturità politica e volontà di fare cose utili, ragionevolmente partendo dall’immediata pacificazione interna, le due fazioni del Pd irpino – i deluchiani e i decariani – non trovano meglio da fare che insultarsi, sputarsi addosso, gareggiare a chi compra più tessere, il solito vergognoso mercato delle tessere, il tutto volgarmente finalizzato ad impadronirsi del partito.

Sicché, in conclusione, tra un De Caro che invece di leccarsi le ferite dell’ultima “mastellata” beneventana esibisce improbabili muscoli e sicura spocchia; e un Petracca – ultimo arrivato nel Pd già vestito da Napoleone – che s’incorona imperatore e “vieta” la partecipazione al congresso sia al consigliere regionale Petitto che al sindaco del capoluogo, in tutta franchezza non si potrebbe dire altro che ciò che segue: “Caro Pd, irresponsabile Pd, l’Irpinia cade a pezzi sotto i colpi degli errori politici di ieri e la pandemia di oggi, all’orizzonte c’è l’irripetibile opportunità del Recovery Plan, che richiede lucidità, concordia, pensiero e azione, e tu continui – allegramente, instancabilmente, noiosamente – a fare teatrino. Ma vaffa un bagno, caro Pd: Vaffa!”.

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