ATRIPALDA – TUTTI IN ABITO DA SERA

Quando uno qualsiasi dei remoti anni volgeva al termine, un clan di fratelli dinamici e simpatici, atripaldesi “doc”, divenivano tempestivamente promotori-organizzatori per dare al Paese l’eccezionale evento di un “veglionissimo” aperto alla partecipazione di tutti noi, senza discriminazione alcuna ed alla sola ovvia condizione di correttezza (sempre da ognuno osservata).

Ci ospitava il grande “salone” del Palazzo Municipale, per l’occasione addobbato a festa con luminosi ma economici colori, con in fondo un piccolo palco per il complesso musicale e su un lato un tavolo-buffet per l’acquisto di qualche consumazione.

La partecipazione di Atripalda era sicura, stante l’attesa che da tempo l’aveva preceduta.

Tutti indossavano, per l’occasione, dignitosi abiti di sobria eleganza.

Il lungo ballo era piacevole e festoso. Alcune avvenenti dame distribuivano ai cavalieri una coccarda per raccogliere un libero contributo occorrente alle spese vive dell’organizzazione.

L’orchestra si prodigava nel dispensare motivi e ritmi di ogni genere.

Ricordo, in particolare, la voce di un saxofono che ammaliava con “Occhi languidi”, “Besame mucho”, “Amado mio”, “Un bacio a mezzanotte”, “Vecchia America”, “Laguna addormentata”, e poi con fantasie ballabili di Samba, Rumba, Beguine, Tango ed anche “lenti” a luci ridotte.

A volte si verificava, durante la festa, la simpatica “calata” di comitive avellinesi, che venivano ad esibirsi in balli dal sapor di modernità.

Non v’erano ostacoli né remore alla loro partecipazione, né campanilismi e neppure sensi di rivalità alcuna, ma tutto accresceva la spensieratezza dell’evento.

Ma poi il sogno finiva, si spegnevano le luci e lentamente si ritornava al consueto, sia pur con la speranza e il desiderio del potersi quel magico momento ripetere ancora in tutti i “remoti anni” successivi.

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