MASOCHISMO POLITICO IRPINO
Dev’esserci una motivazione masochistica in alcuni comportamenti della vita pubblica irpina, peraltro non limitata alla sfera politica e istituzionale ma non di rado estesa ad altri ambiti, da quello sindacale e imprenditoriale fino al mondo delle professioni, a cominciare dal giornalismo, e più generalmente culturale.
L’ultimo episodio a riprova è di tre giorni fa. Il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, sceglie l’Irpinia (Aree Interne) come prima tappa dopo il rientro dalle brevi vacanze estive, e si intrattiene con i cronisti presso la sede dell’Air, la società pubblica di autoservizi nata e cresciuta in Irpinia.
Qui il governatore saluta i 250 nuovi assunti, annuncia ben altri 1.500 posti di lavoro nei trasporti campani, conferma che l’Air resterà in provincia di Avellino, aggiunge che sarà il pilatro principale nella riorganizzazione regionale del settore, sottolinea l’attenzione concreta che sarà data in tempi brevi alla Industria Italiana Autobus di Valle Ufita (leggi commesse in arrivo), e non si ferma qui. L’ultimo problema serio emerso in provincia di Avellino, grazie proprio ad una iniziativa della Regione, è il forte inquinamento delle Valli del Sabato e dell’Irno rilevato dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno di Portici. E, in merito, De Luca dà notizia di aver disposto lo screening di massa per monitorare gli effetti di Terra dei Fuochi irpina sulla salute dei residenti, e avviato le procedure degli interventi necessari per il recupero ambientale di questo territorio.
Dinanzi a fatti oggettivamente rilevanti – che qualche “penna” intinta nella brodaglia demagogica a 5Stelle definisce stucchevolmente “show” (ecco un esempio di vocazione masochistica del giornalismo locale!) – ci si attenderebbe dal sindacato innanzitutto, non certo l’applauso, ma quanto meno un accenno di riflessione critica, tipo “Sì, va bene, però, capiamo meglio, come e quando”. Niente. Riecco, invece, il sopravvento del difettuccio masochistico irpino di marca sindacale: la testa girata altrove; non per guardare avanti o di lato, ma indietro. Udite udite, indietro tutta: ancora, noiosamente, lo sguardo verso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Solofra (ne parleremo da qui a poco).
Sicché il problema locale della politica, delle istituzioni, del sindacato, dell’imprenditoria, degli ordini professionali, dell’informazione, più generalmente del nutrito apparato culturale di cui l’Irpinia dispone, non è – come sarebbe naturale che fosse – la sfida di concretezza lanciata ancora una volta dal presidente della Campania, l’analisi e la verifica delle cose che dice e propone, l’eventuale rilievo critico e la controproposta politica, istituzionale, sociale, culturale: niente di tutto ciò, bensì il ritorno al passato prossimo e remoto, che è – ahinoi! – il passato prossimo e remoto del falso “problema Solofra”.
Paradossalmente, potremmo dire che tra non molto sarà organizzato un Pronto Soccorso su Marte per le necessità del turismo spaziale – non si sa mai: un meteorite che ti viene addosso, una stella cadente invocata dal desiderio di qualcuno di romperti le ossa, una scottatura solare! – e qui in Irpinia noi stiamo ancora ostinatamente, inutilmente, irresponsabilmente a parlare del Pronto Soccorso dell’ospedale di Solofra.
Ma non se ne può fare a meno, dice il consigliere regionale pentastellato Vincenzo Ciampi in una lunga intervista a Il Mattino. Non se ne può fare a meno perché De Luca è un bugiardo, ha detto che il Landolfi di Solofra dista dal Moscati di Avellino soltanto sette chilometri, e invece sono quindici, per giustificare che non ci possono stare due Pronto Soccorso così vicini.
Masochismo, masochismo, becero masochismo politico (e mi dispiace sottolinearlo perché Vincenzo Ciampi è persona genuina e simpatica). Così come becero appare il masochismo politico del sindaco di Solofra, Michele Vignola, al quale è scappata la battuta: “Ogni volta che parla, De Luca accorcia sempre più la distanza tra Solofra e Avellino”, o roba del genere, il concetto è quello.
È becero masochismo perché il problema non sono i sette chilometri buttati lì da De Luca per dire d’una distanza comunque insignificante tra Solofra e Avellino. Sette o quindici o ventuno, non cambia assolutamente niente. Il problema è che Vignola afferma che “non c’è nessuna norma che preveda una distanza minima tra reparti d’emergenza”. E invece non è così, si sbaglia di grosso. E forse si sbaglia perfino in buona fede. La norma c’è: solo che non parla di distanza “chilometrica”, ma di distanza “temporale”, ovvero del tempo di percorrenza in auto necessario per raggiungere il reparto di emergenza.
Vogliamo rinfrescarci la memoria? Alla voce “Ospedale sede di Pronto Soccorso”, punto 9.2.1 del decreto Ministero della Salute 2 aprile 2015 n.70, si legge: … La funzione di Pronto Soccorso è prevista per:.. un tempo di percorrenza maggiore di un’ora dal centro abitato al DEA di riferimento”.
Ora, è del tutto evidente che se si fosse costretti, in mancanza d’altro, a trasportare in bici il poverocristo abbisognevole del Piesse, non sarebbe affatto necessario essere Bartali per coprire la distanza Solofra (ma anche Montoro o su di lì) – Avellino in meno di un’ora.
E tuttavia il problema non è nemmeno questo. Il vero problema che il masochismo irpino, di una certa Irpinia, ignora o più verisimilmente finge di ignorare non è il Pronto Soccorso in sé ma la qualità oggettiva del Piesse presso il quale puoi servirti. Èmasochista Vignola – magari non per sé, perché forse sarebbe il primo a farsi trasportare al Moscati in caso di bisogno e non all’ex Piesse di Solofra, ma masochista per i suoi concittadini – in quanto egli sa bene che un Pronto Soccorso di qualità, con tutto ciò di cui dispone un ospedale come il Moscati, ti salva la vita;mentre altrove, ad esempio a Solofra, quando c’era il Piesse che c’era, ci rimetti la pelle (ogni riferimento all’attività del polo conciario è puramente casuale). Tant’è vero, oltre tutto, che i codici rossi della Valle dell’Irno venivano (e vengono) dirottati verso il Moscati senza nemmeno fermarsi al Landolfi.
Sono masochisti, assieme a Vignola e al consigliere regionale Ciampi, tutti i politici e sindaci e sindacalisti e imprenditori e giornalisti e intellettuali che fingono di non capire che la rimodulazione degli “Ospedali Riuniti Moscati-Landolfi” poggia su una filosofia strategica tutta orientata a potenziare le eccellenze esistenti e a fare del plesso di Solofra una realtà destinata allo sviluppo e non alla chiusura. Lorsignori, invece, insistono per farsi del male: masochisti per vocazione.
C’è troppo masochismo in certa politica irpina. Ma, va detto, nelcaso del sindaco di Solofra, c’è anche del cinismo. Pagina irpina del Mattino di giovedì 26 agosto. Un virgolettato attribuito a Michele Vignola circa la sostituzione del Pronto Soccorso del Landolfi con il “Punto di Primo Soccorso”, che è una cosa seria, non un punto e basta. Dice il sindaco: “Son state assecondate le richieste del direttore generale, Renato Pizzuti, e del direttore sanitario, Rosario Lanzetta, che da quando sono arrivati al Moscati hanno fatto di tutto per cancellare il decreto regionale 29 del 2018 con il quale fu sancita l’annessione del Landolfi al Moscati. Il decreto 29, infatti, prevedeva un potenziamento del plesso di Solofra e non un suo declassamento che è quello che è stato fatto con la delibera 201 poi recepita nell’atto aziendale”.
Ergo, il direttore generale Pizzuti e il direttore sanitario Lanzetta – napoletani e talebani insieme – starebbero a svernare in Irpinia, non per migliorare il livello di qualità dell’assistenza ospedaliera ma per far dispetto a Vignola, distruggere l’ospedale di Solofra e condannare i solofrani al peggior contrappasso che una mente sanitaria possa concepire: farli crepare di assistenza sanitaria negata, così per sfizio, la salute delle persone sorseggiata come “na tazzulella ‘e cafè” al Bar del Professore in Piazza Trieste e Trento, angolo di via Toledo.
Dov’è il cinismo del sindaco di Solofra? Nel fatto che dice ciò che avete appena letto, senza il benché minimo beneficio del dubbio, in un particolare, gravissimo contesto che riguarda proprio il direttore generale del Moscati: due buste con proiettili a lui indirizzate, due minacce di morte – molto probabilmente perché professionista ligio al dovere, incorruttibile, alta competenza ed altrettanto alta valenza etica – che da alcune settimane lo costringono a vivere sotto protezione speciale. Cosa serve per far rinsavire Vignola: che invece dei proiettili in busta arrivi una bomba sotto l’auto di Pizzuti?
Il troppo è troppo. E allora diciamolo senza fronzoli e subito, prima che sia troppo tardi: mai la politica istituzionale irpina era degradata ad un livello così basso. C’è materia sui cui riflettere.Non c’è nessuno che voglia parlarne, pubblicamente e ad alta voce?
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