La scuola in Dad ad Avellino città dei balocchi

Non sorprende che il sindaco di Avellino consideri il Sapere – quindi la Scuola, che è il mezzo sociale di apprendimento più efficace – un’opzione d’utilità quasi marginale. Basta riascoltare i suoi comizi in diretta facebook per rendersi conto dello scarso spessore culturale di cui s’innervano gli argomenti politici e istituzionali che tratta. Per ciò stesso non sorprende nemmeno che – di fronte ai rilievi di chi gli fa notare che Avellino è praticamente l’unica città d’Europa con le scuole superiori ancora in didattica a distanza – egli sorrida di sufficienza e dica compiaciuto che non gliene frega niente del Codacons che lo denuncia alla Procura perché la sua scelta di tenere gli istituti chiusi è condivisa da genitori e studenti.

Invero non risulta che i genitori degli studenti che frequentano le superiori di Avellino si siano espressi attraverso un referendum. Ci sono gruppi di padri e madri contrari alla didattica in presenza, ce ne sono altri che la pensano in maniera opposta. Chi ha fatto la conta? Chi ha stabilito che la maggioranza è per il Sì o per il No alla Dad? E comunque sia, da quando in qua sono le famiglie a decidere se le scuole debbano stare aperte o chiuse a causa del Covid? La prerogativa è della massima autorità sanitaria locale, cioè del sindaco. Il quale, però, deve motivare “per alligata et probata” che ci sono rischi evidenti e tali da rendere incompatibili le lezioni in presenza.

Enfatizzare l’opinione di genitori e studenti, quasi elevandone la valenza a dignità documentale, è un contorno demagogico tanto strumentale da far crescere i dubbi circa l’effettiva necessità di tenere le scuole chiuse in base al grado del rischio sanitario. Una demagogia fuori luogo beffarda oltre che anacronistica: Avellino unico capoluogo d’Italia con le superiori in Dad mentre le agenzie di stampa e le radio e le tv europee annunciano che stanno per arrivare in Italia milionate di turisti e che la Campania è tra le mete più appetibili. Insomma, la vita reale che ricomincia un po’ ovunque ed Avellino – si badi, solo Avellino – mantiene le scuole superiori sotto chiave.

Non sorprende il sindaco, dunque. Sorprende, piuttosto, che in perfetta sintonia con questa posizione ci sia l’assessore alla Pubblica Istruzione, Giuseppe Giacobbe, uomo di scuola, che per di più ha svolto funzioni di vice-Provveditore. Sorprende, cioè, che una persona di sicura sensibilità in questo settore non abbia dato una spiegazione convincente dell’anomalia avellinese rispetto al quadro di normalità nazionale ed europea delle lezioni in presenza: quasi a voler sostenere – non è paradossale aggiungere – che il capoluogo d’Irpinia sia il lazzaretto Covid italiano e continentale.
In identica misura, se non addirittura maggiore, sorprende il silenzio-assenso del sindacato unitario e delle altre infinite sigle che pure, assai spesso e di certo volentieri, riempiono di rumori non sempre necessari ed utili la vita del mondo scolastico.

Non sorprende, invece, l’assenza dei quattro consiglieri regionali irpini: anch’essi, al pari del sindaco, sembrano soffrire d’una grave allergia a tutto quanto riguarda il Sapere, la Scuola, la Cultura. Anche per loro, si rinvia al riascolto di ciò che dicono e che scrivono: tutta roba, evidentemente, che riflette ciò che pensano.

Non sorprendono i partiti politici, si fa per dire “partiti politici”. Il Pd irpino è tutto preso dal congresso provinciale prossimo venturo. La Scuola, il Sapere, non è tra i temi in discussione: non potrebbe esserci. Qui c’è un argomento unico: la conta delle tessere. Che la città capoluogo possa apparire agli occhi degli italiani come “Il Paese dei Balocchi” – dove la Scuola, appunto, non esiste nemmeno come opzione marginalmente utile – interessa poco ai capibastone del Partito Democratico. E interessa in misura inversamente proporzionale all’attenzione che si dà alla riapertura di bar, ristoranti, sale giochi, palestre, piscine, quando dal centrosinistra si passa ai gruppi irpini della Lega, di Fratelli d’Italia, di Forza Italia.

In questo quadro assurdo da Città Politico-Istituzionale dei Balocchi – dove gatti e volpi abbondano, i pinocchi si sprecano, e non ci trovi invece nemmeno un Geppetto intristito per quanto accade – la domanda che nasce spontanea è la seguente: c’è davvero qualcuno disposto a scommettere che in simili condizioni possiamo farcela?

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