“Mi importa di te”

(Franco Genzale) – Nei giorni scorsi Avellino è stata al centro dell’attenzione dei mass media per un fatto di sangue che ha visto vittima un genitore molto benvoluto in città per essere una persona seria, onesta, rispettosa delle regole della convivenza civile, un profilo umano ispirato ai valori della cristianità: insomma, una Bella Persona. Protagonisti della tragica vicenda due giovanissimi fidanzati: lei, 18 anni, figlia di quel padre rimasto ucciso; lui, 23 anni, con qualche precedente di eccessivo lassismo. La giustizia farà il suo corso. Noi ci esimiamo da qualsiasi giudizio: si tratta di una tragedia familiare, dell’una e dell’altra famiglia, di proporzioni talmente grandi da non potere (e dovere) – a nostro avviso – diventare oggetto di scontro pubblico tra opinioni, giusto per far spettacolo, manco si trattasse di una partita di calcio con le tifoserie schierate da una parte e dall’altra. Al di là della cronaca nera e giudiziaria dei fatti, sempre doverosa, la vittima propriamente definita e tutte le altre vittime di questa tragedia meritano il rispetto del silenzio pubblico: sui social abbiamo letto cose assurde, bastano e avanzano, e vorremmo tanto che adesso finissero.
Da qui la nostra scelta di cedere lo spazio dell’editoriale di oggi ad uno scritto di Clara Spadea (non ha bisogno di presentazioni), la quale ha preso spunto da alcune parole del vescovo di Avellino (“Mi importa di te”) per lanciare un messaggio che noi interpretiamo come un responsabile invito alla riflessione: molto oltre l’episodio di cronaca, sul punto di confine tra ragione e sentimento.

– di Clara Spadea –

“Mi importa di te”!
Queste quattro semplici parole, tratte dal Vangelo e pronunciate, nell’ambito di un più ampio discorso, dal nostro Vescovo a proposito di un tragico evento che ha scosso la comunità avellinese, hanno avuto la capacità di catalizzare la mia attenzione e, mi piacerebbe, anche quella di tanti.
Forse perché in fondo è quello che tutti avremmo bisogno di sentirci dire!
Ed è come se all’improvviso fosse stato finalmente acceso un potente fascio di luce nella notte; quella notte buia e fonda in cui ognuno di noi stancamente si trova, impegnati come siamo a combattere da più di un anno contro il covid, contro gli estenuanti problemi quotidiani che sempre ci attanagliano, affossati, talora, anche da tristi episodi che solo apparentemente non ci riguardano, ma che in realtà toccano un po’ tutti da vicino.
Parole semplici e forti che sono state quasi “gridate” dal Vescovo, ma con il garbo che lo contraddistingue, affinché come un’esortazione arrivassero non solo a chi si trova a dover affrontare improvvisi dolori e tragedie, ma anche a chi osserva da lontano, a chi giudica a volte con superficialità e leggerezza, a chi può magari prevenire determinate situazioni.
E mi viene in mente a tal proposito, tra l’altro, la scuola, vera “fucina di uomini”.
E gli insegnanti che, quando svolgono la loro professione con passione, hanno modo di accedere al labirinto oscuro degli adolescenti, cogliere, così, eventuali loro problematiche delicate e difficili da risolvere e trasmettere in tal modo ai ragazzi, in uno con la famiglia, solidità e ulteriori punti di riferimento.
È sicuramente pura utopia, ma sarebbe bello se la scuola, come i tribunali, mantenesse esposti in ogni aula, al di là del credo religioso, manifesti con il nuovo slogan “Mi importa di te” ben visibili da alunni ed insegnanti. Per ricordare a tutti che, nonostante Bauman sostenga che “la nostra è l’epoca del puro individualismo”, in realtà nessuno è completamente solo, che c’è sempre qualcuno, da qualche parte, capace di comprendere senza giudicare, di guardare senza ferire, di creare un ponte empatico per far veicolare solo sentimenti di vicinanza e di umanità, sia pure in modo muto e velato.
È importante dunque la sollecitazione pervenutaci dal nostro amato Vescovo con queste parole ed è importante che le stesse siano “gridate”, per far in modo che arrivino a tutti, a chi soffre, a chi si sente solo o diverso, per “superare il muro del silenzio” e dell’indifferenza (R. Saviano).
E allora, impariamo a dire più spesso “Mi importa di te”!

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