Concerto a Loreto
– Di Mirella Napodano –
Rintocchi sommessi dall’orologio maiolicato
nel cupo smeraldo della sera
come lento, struggente richiamo
ad un amore distante ma non lontano…
Vagano nel cielo turchino, trasparente,
echi di dolci nenie notturne:
passano come languide carezze
sul femmineo profilo della montagna.
Dietro le antiche vetrate
bianche figure ieratiche contemplano immobili
il tenue suono dei violini
presto trasportato dal vento più in alto,
in cima alle rocce scoscese, tra i ciuffi di ginestre.
Soffuse, le note della sinfonia
si disperdono nei boschi,
rubate in volo dagli uccelli:
pentagrammi impigliati ai rami delle betulle
come frasi d’amore rapite agli amanti.
Intanto, io inseguo nell’aria
un dolce sorriso familiare.
Sorriso luminoso, forma di rimpianto e tenerezza,
muto invito a rimanere per sempre,
a dar credito alla poesia di una vita
che è un perenne ritrovarsi.
Ora, i rami della kenzya proiettano
uno steccato di ombre danzanti
sull’argentea solitudine dei miei sogni.
La notte mi è complice
nel celare le lacrime presto riarse
dalla brezza leggera dell’autunno che incalza.
E’ un pianto che tracima dal lago degli occhi
troppo colmo di parole non dette, di carezze rimandate,
di slanci sopìti in un battito di ciglia.
Prodigio di un amore pieno di messaggi
che accoglie e racchiude il dolore
e per sempre ti ringrazia di esistere.
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