L’Esistenza e il Diritto

– Di Gabriele Meoli –

La nostra umana esistenza è denotata dal pensiero (“cogito, ergo sum”), nel quale essa si immedesima e si soggettivizza. Ha però anche un innegabile supporto fisico, che la qualifica umana. Si esprime così la vita dell’essere pensante.
L’esistenza trova nella morale il suo autogoverno; e v’è così già un’esigenza di regola personale. Ma poi, in conseguenza del naturale istinto di vivere con gli altri, si palesa la necessità di una coesistenza e quindi di un ordinamento giuridico, cioè vincolante (“ubi societas, ibi ius”), di talché altre regole si aggiungono o ribadiscono, in via eteronoma, quelle morali autonome, per così governare le vite dei consociati.
Questa vita è tutelata come vita del gruppo (rapporti internazionali; delitti contro lo Stato; diritto pubblico in genere), nonché come vita del singolo (delitti contro la persona; norme varie a difesa dei momenti esistenziali). Nell’ordinamento primeggia il diritto di vivere. Infatti quasi ogni norma tende ad assicurarlo ed a difenderlo. Esso può considerarsi il primo e basilare diritto della personalità; tutti gli altri ne sono una particolare espressione (diritto all’integrità fisica, all’onore, alla libertà, riservatezza, ecc.). La Costituzione (art. 2 in particolare) e le norme penali (artt.575 ss. codice penale, in particolare) portano la principale tutela.
Correlato al diritto di vivere è altresì il diritto di morire. L’ordinamento, pur non approvando il suicidio, non ne punisce il tentativo. Punisce, però, l’istigazione o l’aiuto al suicidio (art.580 cp), quale estrema ed indiretta tutela del diritto di vivere. Punisce altresì l’omicidio del consenziente (art.579 cp) così confermando l’indisponibilità del diritto di vivere e la non configurabilità della scriminante del consenso dell’avente diritto (50 cp). Ma tuttavia, per il diretto interessato, il diritto di morire rimane una delicata situazione giuridica che non può essere “a priori” disconosciuta. Essa è forse l’espressione dello stesso suo diritto di vivere.
Ed al riguardo delle più gravi situazioni esistenziali, si formano fondamentali espressioni dell’essere umano:


1. “Non sarei voluto nascere”

Si rivendica così il diritto (adéspota) a non nascere se non sano.
E si chiede contro il sanitario il risarcimento del danno da nascita indesiderata, se non ha adeguatamente informato la gestante delle riscontrate malformazioni o patologie del feto, per consentire a lei di decidere l’eventuale aborto tempestivo.

2. “Intendo morire”

È questo il diritto di cessare di vivere, una volta nato, sano o non, e comunque in virtù di eutanasia per l’eventuale cessazione di accanimenti terapeutici.

3. “Non voglio soffrire”

È il diritto a non subire la consapevolezza dolorosa di sicura morte ed ottenere risarcimento del cosiddetto danno tautologico dal responsabile di tale evento.

4. “Desidero essere dimenticato”

Sullo sfondo della protezione della propria esistenza, v’è anche il diritto all’oblio e cioè a non essere più assoggettato a cronaca dopo molto tempo dai fatti, se ciò non è più indispensabile per prevalenti interessi pubblici.

 

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