Un uomo, una donna, un treno, la pandemia
– di Anna Carmen Lo Calzo –
“Cara Claudia, in questo momento vorrei immergermi nel tuo sguardo che mi porterebbe nella tua anima. Ma non si può, la mia speranza di rivederti nella tua città soffoca sotto le macerie dell’ennesimo lockdown che mi impedisce di venire da te. Questi mesi di lontananza forzata, compensata dalle interminabili telefonate in cui ci siamo conosciuti e raccontati le nostre vite tra risate, lacrime e tante altre emozioni, sono stati un regalo. Sono triste, arrabbiato, destabilizzato dall’impossibilità di rivederti e di condividere con te i primi segnali della primavera. Sono confuso, sfinito dalla fatica di dover rinunciare a tante cose, troppe. Sono incapace di adeguarmi a questa sopravvivenza nella quale i nostri desideri sono bloccati dal virus maledetto. Mi dispiace, ma non me la sento di proseguire nel buio della sospensione e della lontananza. Perdonami.”
Giorgio è un consulente finanziario, vive e lavora tra Londra e Milano da quasi 30 anni. In quest’ultimo anno, Londra la vede solo dagli schermi dei suoi device. Aveva conosciuto Claudia 6 mesi fa, in treno, mentre si recava a Venezia per l’ultimo week-end di settembre. Dopo un’estate dedicata ai figli, voleva trascorrere qualche giorno in solitudine sulle spiagge del Lido. Da ragazzo vi soggiornava nutrendosi di sogni, di libri, di festival del cinema, di baci rubati. Mentre il Freccia Rossa Milano-Venezia oltrepassava i confini regionali e il sipario dell’estate “spensierata” stava per calare insieme a quello dell’illusione di libertà, Giorgio sapeva che quel viaggio fuori regione sarebbe stato l’ultimo prima della seconda ondata del virus.
Claudia quella mattina era seduta nella sua carrozza a distanza di sicurezza, ma i suoi grandi occhi blu sembravano due fari capaci di oltrepassare qualsiasi barriera. Insegnante elementare, tornava a casa da una trasferta milanese presso un’amica d’infanzia, appena in tempo prima che l’Italia tornasse a chiudersi nella mappa a colori. Aveva lasciato la sua amata Venezia da un paio di giorni che le sembravano un’eternità.
Giorgio, dalla sua poltrona, iniziò una conversazione con quegli occhi bellissimi che ogni tanto lo sbirciavano. Le mascherine sembravano un elemento di seduzione che lasciava la parola agli sguardi. Una volta scesi dal treno, abbassarono difese e protezioni e scambiarono qualche battuta. In quel momento dimenticarono virus, decreti, restrizioni e presero un caffè al bar della stazione per rompere un ghiaccio che non c’era mai stato. Si salutarono e si lasciarono come se fossero due ladri estranei, ma complici, che devono dileguarsi dalla parte opposta della città per portare a termine il colpo del secolo e che non sanno se e quando si rivedranno. Ciascuno di loro custodiva un bottino prezioso: l’emozione di un incontro magico e il numero di telefono dell’altro. Rimasero senza parole: quei due numeri di telefono terminavano con le stesse 4 cifre.
La storia tra Claudia, Giorgio e le loro combinazioni numeriche è durata 6 mesi ed è stata una storia di voci seducenti, di racconti, di scoperte, di attese, di sogni, di immaginazione. Ma Giorgio non ce l’ha fatta. Dopo 6 mesi di incertezze, di illusioni, di desideri repressi e di sospensione, è crollato. Ha preferito rinunciare a qualcosa che per troppo tempo non ha potuto trasformarsi in realtà. Con grande imbarazzo, ma allo stesso tempo con cinico distacco, mi confessa: “Ho bisogno di abbracci, di baci, di carezze, di azioni. La mancanza, la solitudine, la distanza, la frustrazione del non potersi vedere è diventata inaccettabile. Preferisco rinunciare. Claudia mi perdonerà.”
Claudia nel frattempo è tornata a scuola, tra i suoi ragazzi, tra le sue calle, tra le sue botteghe, parla al telefono con le sue amiche e, con dignità e accettazione, ringrazia la vita per il bel regalo ricevuto.
Questa è la storia di un uomo e una donna che si sono conosciuti su un treno durante la pandemia.
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