Amore Eterno (… tanto gentile e tanto onesta…)
Nessuno ha mai rivelato tanto stupore e commozione innanzi ad un’immagine femminile, quanto Dante con i versi “tanto gentile e tanto onesta pare/la donna mia quand’ella altrui saluta,/ch’ogni lingua devèn tremando muta,/e li occhi no l’ardiscon di guardare…”
Sono le iniziali parole di un sonetto della sua “Vita nuova”, da lui composti nella giovinezza e rimasto cosa senza confronto, perché sintesi mirabile d misticismo, poesia, amore, che fa elevare di molto le consuete note dello “stil novo”.
Lo stesso autore così presenta i suoi versi : “Questa gentilissima donna, di cui ragionato è ne le precedenti parole, venne in tanta grazia de le genti, che quando passava per via, le persone correano per vedere lei; onde mirabile letizia me ne giungea. E quando ella fosse presso d’alcuno, tanta onestade giungea nel cuore di quello, che non ardìa di levare gli occhi, né di rispondere a lo saluto; e di questo molti, sì come esperti, mi potrebbero testimoniare a chi non lo credesse. Ella coronata e vestita d’umiltade s’andava, nulla gloria mostrando di ciò che vedea e udìa. Diceano molti, poi che passata era : – questa è una meraviglia; che benedetto sia lo Signore, che sì mirabilmente sae adoperare! – Io dico ch’ella si mostrava sì gentile e sì piena di tutti li piaceri, che quelli che la miravano comprendeano in loro una dolcezza onesta e soave, tanto che ridicere non lo sapeano; né alcuno era lo quale potesse mirare lei, che nel principio nol convenisse sospirare. Queste e più mirabili cose da lei procedeano virtuosamente : onde io, pensando a ciò, volendo ripigliare lo stilo de la sua loda, propuosi di dicere parole ne le quali io dessi ad intendere de le sue mirabili ed eccellenti operazioni; acciò che non pur coloro che la poteano sensibilmente vedere, ma gli altri sappiano di lei quello che le parole ne possono fare intendere. Allora dissi questo sonetto, lo quale comincia : “Tanto gentile”- (Vita n. cap. 26).
Soltanto un grande poeta come Dante Alighieri potè concepire un amore così elevato e puro da poter durare senza fine, nell’immaginazione di ritrovare, lui ancora da vivo, l’anima di Beatrice quale sua soccorritrice e guida nel Paradiso.
Eppure quella giovane donna-simbolo non fu mai sua nella vita terrena, in cui essi ebbero vite separate (Lei fu sposa di Simone de’ Bardi; lui sposò Gemma Donati); e tuttavia non si potrà mai negare che Beatrice, spiritualmente, è stata e sarà sempre di Dante.
Nel pensiero del poeta, questa concezione di un amore che non finisce appare persino nel mondo del peccato, là dove egli celebra (Inf. V), con versi immortali, la tragica relazione dei due cognati Paolo e Francesca (“Amor ch’a nulla amato amar perdona/mi prese del costui piacer sì forte/che, come vedi, ancora non m’abbandona”), condannati, in pieno contrappasso, a scontare uniti per l’eternità la pena infernale (“questi che mai da me non fia diviso”).
Erano di certo altri tempi, poiché oggi taluni, che pur si uniscono in matrimonio (o in semplice convivenza) giurandosi reciproco, eterno amore, nondimeno sciolgono, con disinvoltura e senza problema, il loro fresco rapporto, addirittura quando ancor non si è spenta del tutto l’eco dei festeggiamenti delle loro nozze.
E, domandando a tal altri se considerino eterno il loro amore, ci si può sentire rispondere, con un po’ di ironico spirito, “eterno, sì, ma finché dura!”.
All’opposto è, però, talvolta possibile incontrare (per fortuna) anche coppie di anziani coniugi all’antica che, tenendosi per mano, ti rivelino che sperano di superare, ancora insieme, anche il traguardo delle nozze d’oro!
Risposta che non può non commuovere.
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