Recondita armonia

(Franco Genzale)
Con la rubrica “Tracce”, avvia oggi la collaborazione settimanale, per la nostra sezione Cultura, Mirella Napodano, scrittrice, esperta di Filosofia Dialogica, Dirigente Scolastica in pensione. Una nuova perla che si aggiunge alle altre splendide firme della nostra collana culturale. Cogliamo l’occasione per rinnovare il nostro “grazie” alla Professoressa Napodano.


– Di Mirella Napodano –

La citazione che ho preso in prestito da Puccini mi serve ad introdurre un intrigante concetto che vorrei porre a sigillo di questo mio esordio tra le righe del salotto virtuale di Franco Genzale, che intanto ringrazio per l’invito.

Esiste un’antichissima formula matematica che ha indotto nei secoli pittori e scultori, architetti e musicisti (ma anche matematici e filosofi) a perseguire nelle loro opere l’armonia e la bellezza. Com’è noto, questa formula è denominata da sempre Sezione Aurea.

Sigillo dell’armonia noto fin dall’antichità, la Sezione Aurea è il rapporto tra le due lunghezze disuguali di un rettangolo, delle quali la maggiore è media proporzionale tra la minore e la somma di entrambe. Innumerevoli calcoli geometrici dimostrano che questa proporzione (che dà per risultato immancabilmente 1,618…) è presente in opere di indicibile, stupefacente bellezza ed in particolare nelle sculture di Fidia come nei dipinti e nei disegni di Leonardo, tra cui spicca lo studio anatomico del corpo umano, genialmente rappresentato nell’uomo di Vitruvio. Ma quel che è ancor più sorprendente è che la stessa proporzione sembra rintracciabile in natura nelle svariate forme dei cristalli di neve, delle conchiglie, dei fiori e in molti altri elementi. Si tratta certo di un’armonia recondita, ma largamente diffusa intorno a noi e tutta da svelare: oggetto di ricerca e di scoperta, ma non per questo meno reale.

Cercare e riconoscere l’armonia negli oggetti e nelle creature intorno a noi, talvolta anche senza averne piena consapevolezza razionale, è possibile soltanto se siamo in grado di rintracciare dentro di noi – con un atto di sensibile introspezione – un autentico bisogno di armonia. E’ un atteggiamento congruo verso noi stessi, ma al contempo un impegno civile doveroso in epoca di pandemia, per trascendere questo tempo sospeso e sfuggire al senso di impotenza e scoraggiamento che ci pervade tutti, rischiando di spegnere impercettibilmente lo slancio vitale necessario a proseguire il cammino. Perché fino alla fine non c’è alibi per non fiorire.

E infatti fiorisce la ginestra leopardiana, simbolo di resilienza, ai limiti del deserto di roccia e di sabbia. Imperterrita, sfida il vento dell’inverno e l’arsura dell’estate sui luoghi più impervi delle montagne. E lo fa – paradossalmente – da quando ha imparato l’arte di essere fragile. Flessibile com’è, la ginestra si piega al vento della tempesta senza spezzarsi, per poi protendersi verso il sole dell’estate e continuare a spandere il suo profumo inebriante contro il nichilismo di questa improvvisa irruzione dell’assurdo nella vita quotidiana, che ormai dura da più di un anno su tutto il pianeta.

A suo tempo, si è interrogato a lungo Albert Camus sugli inaccettabili comportamenti degli abitanti della città di Orano durante l’epidemia di peste bubbonica che colpì l’Algeria in un imprecisato momento degli anni ’40. Il negazionismo iniziale di alcuni medici; il disaccordo e l’indecisione dei politici; l’allegra incuranza della gente comune che frequentava i locali di divertimento senza precauzioni di sorta; la paura di chi al contrario si barricava in casa temendo il contagio sono altrettanti atteggiamenti che riscontriamo pari pari ai giorni nostri. L’unica cosa che finora ci siamo scampati rispetto alla vicenda narrata dal filosofo esistenzialista è l’invasione della città da parte dei ratti… Ma il nostro Coronavirus non è da meno, visto che ha il vezzo di camminare con le nostre gambe.

Anche oggi vorremmo trovare un senso a quello che sta accadendo e soprattutto scoprire in che modo se ne potrà uscire per tornare a vivere in armonia con i nostri bisogni vitali e relazionali.  Ma di armonia per ora sembra non esserci traccia (né tantomeno di Sezione Aurea) nei discorsi che ascoltiamo dai telegiornali, nelle polemiche di bassa lega diffuse dalla carta stampata, nei continui e vani appelli ad un dialogo costruttivo tra i decisori politici e i portatori di interesse. Eppure è proprio il dialogo a creare l’armonia in campo civile, quando si è disposti ad argomentare le opposte tesi e a valutare con discernimento gli elementi a favore e quelli contrari alle soluzioni da adottare.

Nell’agorà ateniese la democrazia è sorta dal dialogo insieme alla filosofia. Non si sa chi sia nato prima, un po’ come per l’uovo e la gallina. Fatto sta che la voglia di potere e di facile arricchimento si mettono quasi sempre di traverso nei ragionamenti di chi ha autorità per decidere per sé e per la comunità, impedendo sovente che il provvedimento vada tempestivamente a buon fine, del tutto o in parte.

E vorrei aggiungere che la filosofia in tempi di CoViD e di mutamenti climatici trova cittadinanza soprattutto nei non-luoghi dell’assurdo, e ancora una volta nei luoghi del paradosso, dove già si spingevano i filosofi dell’antichità, perché sollecita ad interrogarsi sul mistero dell’esistenza in forme ancora più radicali di quanto finora sia stato fatto.

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