Il nuovo governo per suonare cosa: la Quinta di Beethoven o la stessa Tarantella?
Seppure ricorrendo al paradosso, per di più infiocchettandolo con gustosa ironia e feroce sarcasmo, come peraltro è nel suo stile, Vincenzo De Luca dice una grande verità quando afferma che almeno un paio di ministri dell’attuale Governo Conte, se perdessero la poltrona che oggi occupano, farebbero fatica a trovare perfino un posto di parcheggiatori abusivi. A volerla dire tutta, quel suo “almeno”, più che prudenza, esprime un atto di bontà: si farebbe prima e meglio, infatti, a contare i ministri che un dignitoso posto di lavoro già ce l’hanno e che possono considerarsi in prestito al ruolo istituzionale.
Ma la verità sostanziale che si legge nella battuta di De Luca è un’altra: è l’estrema fragilità politica di questo governo, la debolezza strategica e la mancanza di prospettiva già evidenti alla sua nascita, ovvero in condizioni ordinarie di marcia, figurarsi nella drammatica realtà sanitaria economica e sociale indotta dal Covid già da un anno a questa parte.
Tanto per dire che è un’ipocrita ed ingannevole rappresentazione della verità continuare a sostenere che Matto Renzi è la “malattia” e non già semplicemente la febbre, il sintomo che rivela l’infezione presente nell’organismo, l’allarme affinché vi si ponga rimedio con la terapia giusta.
Tanto per dire anche che, se Renzi ha la colpa originale d’aver fatto nascere il Conte 2 soltanto per sopravvivere al rischio di elezioni anticipate, Pd e M5S non sono da meno: hanno tenuto in piedi il Governo giallorosso, non per avviare il processo di beatificazione dell’attuale Premier – che di fatto non amano, a differenza di quanto appaia – ma per la medesima ragione di sopravvivenza dell’ex Presidente del Consiglio ed ex capo del Pd.
Allo stato dell’arte, allora, sono due le cose certe di questa crisi di governo. La prima è che non si andrà al voto anticipato almeno fino alla elezione del prossimo Presidente della Repubblica: male che vada, ma è altamente improbabile, se ne parlerà in primavera-estate del 2022. La seconda, quella davvero importante, e l’unica che interessa ai cittadini, è la necessità che nasca, qui e subito, un governo del quale De Luca, interpretando senza ironia il sentimento comune degli italiani, possa finalmente dire: “Tutti i ministri sono tali che se lasciassero l’incarico istituzionale sarebbero ambiti dal meglio del mondo del lavoro”.
C’è una terza certezza: abbiamo un maledetto bisogno di un radicale cambio di passo nelle politiche governative e nella scelta delle persone che dovranno interpretarle ai vertici delle società e degli enti pubblici che rappresentano il motore principale della macchina statale. Ci sono da fare diverse centinaia di nomine, quale occasione migliore per mettere nei posti di comando eccellenze vere e non figuri di questo o quel padrino politico.
Sicché – senza indulgere alla demagogia e all’ipocrisia, mai come ora facce della stessa medaglia – questa crisi di governo non era semplicemente necessaria, era indispensabile. La cosa grave è che non l’abbia doverosamente aperta il Pd, che dei rilievi critici mossi da Renzi, anche se in pubblico non lo ammette, condivide praticamente tutto, e che meglio e senza traumi avrebbe potuto indurre i 5Stelle a ragionare un tantino in più su questioni fondamentali per il rilancio del Paese. Il Partito Democratico, pur di non dispiacere ai 5Stelle, e chissà perché, ha preferito invece comportarsi come il medico irresponsabile – se non addirittura sadico – che cura con l’aspirina il malato di cancro: un comportamento che andrebbe studiato, per stare alla metafora, dalla scienza psichiatrica.
Tuttavia, come si dice, cosa fatta capo ha. Conta ciò che si farà d’ora in poi. A cominciare da oggi, ultima giornata dell’incarico esplorativo che Mattarella ha affidato al Presidente della Camera, Roberto Fico. Escluso il voto a giugno, le opzioni sul tavolo sono in sostanza due: un Conte Ter profondamente rivoluzionato nella sua composizione e con un programma chiaro e vincolante fino al 2023; oppure un governo istituzionale, ad ampia maggioranza, capace di garantire maggiore stabilità in questa fase emergenziale gravissima e, naturalmente, non guidato da Conte.
Al punto in cui stanno le cose – pandemia ben lungi dall’attenuazione, vaccinazioni in grave ritardo, rischio di una terza e devastante ondata, emergenza economica e sociale devastante, l’Europa che ci scruta su tempi e qualità del Recovery Plan – quello che serve, insomma, è l’esatto opposto di ciò che abbiamo visto fino ad ora. Con Conte Premier, come chiedono a gran voce Pd e 5Stelle pur desiderando altro? No problem: l’Avvocato degli Italiani è stato con la lega di Salvini ieri e con il Pd dopo, ossia con tutto e il contrario di tutto. Dunque è duttile come nessun altro al mondo, “resiliente” in qualsiasi condizione politica: di destra, di centro, di sinistra, in alto e in basso, una roba che non si era mai vista prima, per di più tra gli applausi di un’ampia platea di smemorati qualunquisti. Passi anche questo. La cosa importante è lo spartito che Pd, 5Stelle e Renzi gli danno da dirigere. Il problema, insomma, non è più Conte. Il problema è la musica che si vuole fargli dirigere. Ed è che qui che viene il bello: fino a che punto gli alleati del nascente governo saranno disposti a sacrificare parte dei propri interessi politici e di potere per il bene dell’Italia? “This is the question!”. Tra qualche giorno capiremo se lo spartito affidato al Conte “Quattrostagioni” è la Quinta di Beethoven o la solita Tarantella napoletana.
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