Corvi e cornacchie. Ma il sindaco di Avellino non “cadrà sull’uccello”
“Ahi ahi ahi, Signora Longari: mi è caduta sull’uccello!”.
Risposta sbagliata ad una domanda di Ornitologia e la grande campionessa Giuliana Longari dovette cedere la corona di Regina del “Rischiatutto”. Con immenso rammarico di Mike Bongiorno, che si lasciò andare alla più simpatica gaffe della sua straordinaria carriera televisiva costruita sui giochi a quiz.
Sono trascorsi 50 anni e passa da allora e di tanto in tanto la scivolata della buonanima di Mike ritorna nei racconti giornalistici. Vogliamo parafrasare quella gaffe anche noi, oggi che ad Avellino – svolazzando tra le stanze e le carte del Municipio – un “Corvo” impietoso fa piovere gravissime accuse di gestione disonesta sulle teste dell’Amministrazione comunale.
Ecco, diciamolo subito: è decisamente fuori dalla grazia di Dio chi – come il Corvo o come chi il Corvo incoraggia – immagina e spera che il sindaco di Avellino, Gianluca Festa, possa “cadere sull’uccello”, ovvero essere estromesso dal Comune a causa dei maliziosi e maligni cinguettii dell’uccello nero.
Di questo sindaco, infatti, si può dire tanto e tutto altrettanto fondato – e noi lo abbiamo detto e continueremo a farlo – ma non si può dire e nemmeno soltanto pensare che sia un disonesto.
Di questo sindaco si può dire, ad esempio, che asseconda un Ego sproporzionato rispetto alle effettive capacità politiche e amministrative che sta dimostrando: ragion per cui nel tempo, se non provvede a darsi una regolata, il suo sogno da bambino (poi avverato) di diventare sindaco di Avellino ha ottime chance di trasformarsi in incubo, destinato anch’esso ad avverarsi in modi e forme prevedibili.
Di lui si può anche dire che spreca preziose energie in un avanspettacolo assai spesso di pessimo gusto istituzionale, dimenticando che i cittadini avellinesi hanno acquistato il biglietto elettorale presso il suo sportello politico per vederlo impegnato a risolvere problemi, non per esibirsi in stucchevoli show, talvolta addirittura sconfinanti in un anarchismo isterico che mal si concilia con il ruolo istituzionale che ricopre.
Di lui si può perfino dire che si pone con estrema sufficienza dinanzi alle regole democratiche della convivenza politica, un limite che del resto rimproverava ad altri prima che fosse eletto sindaco. Ne sa qualcosa l’attuale opposizione consiliare, che viene trattata alla stregua d’una banda d’appestati. Ne sanno qualcosa i consiglieri della sua stessa maggioranza: invero, alcuni per vocazione all’ubbidienza senza nemmeno sapere a cosa stanno ubbidendo; altri per fede punto e basta; altri ancora per timore di diventare minoranza comunque ininfluente nella maggioranza, ossia unità marginali “inutili”. Ne sanno qualcosa anche i suoi assessori, di fatto fortemente limitati nell’esercizio delle rispettive deleghe.
Ultimo, ma non meno importante atteggiamento istituzionale che conferisce al sindaco l’aureola fuori moda del ducetto di provincia, è il rapporto con la stampa: non parla con “Irpinia Tv” e con “Il Mattino”, evidentemente perché le due testate giornalistiche non hanno sottoscritto il disciplinare del personalissimo Minculpop festiano.
Tutto si può dire di questo sindaco, insomma, fuor che non sia un onesto amministratore. Così come non si può dire che non sia animato da un amore genuino e profondo per la sua città: cosa però che non significa fare automaticamente il bene della città.
Bisognerebbe chiedersi allora se, nella vicenda dei dossier anonimi elaborati dal Corvo e inviati in Procura dalle opposizioni, il disonesto non sia tout-court proprio il Corvo. E se la decisione delle opposizioni di girare quei dossier alla magistratura non rappresenti essa stessa una prova d’impotenza politica, ossia l’incapacità di distinguere a monte tra atti amministrativi discrezionali e illeciti, oltre all’incapacità di procurarsi quegli atti, visto che le opposizioni hanno dovuto attendere un “disinteressato” Corvo per venirne a conoscenza.
Da parte nostra, non abbiamo alcun dubbio, invece, sulla disonestà a prescindere dell’uccello nero che svolazza tra le stanze e le carte del Municipio di Avellino. È disonesto e vile, per definizione, ogni comportamento anonimo. E non ci sorprenderemmo se, alla fine, si dovesse scoprire che il Corvo di “Piazza del Popolo” ha magari stretti legami ed interessi con elementi della varia umanità politica e amministrativa avellinese.
Al sottoscritto, per concludere, l’essenza etica del Corvo ricorda quella di un altro pennuto nero, la cornacchia, nella versione raccontata tanti anni fa dalla buonanima di Pasquale Grasso e che provo a riassumere.
Una volta una cornacchia, per apparire bella e importante, si vestì con le penne del pavone. Al primo giro di cortile le andò bene perché se ne stette zitta e nessuno s’accorse del travestimento. Al secondo giro volle strafare e “gracchiò”. Ingannata dal “verso”, tutti capirono che non era un bel pavone ma una bruttissima cornacchia. Ciascuno ne tragga la morale che vuole.
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