IL SINDACO DI AVELLINO PRESIDENTE DELLA PROVINCIA?

C’era un post scriptum nel nostro editoriale dell’altro giorno, era il seguente: “Strettamente collegato al capitolo Congresso del Pd irpino ci sono l’elezione del Presidente della Provincia e il percorso che condurrà (nel 2023 o prima?) alle politiche. Sarà il tema della prossima riflessione”.

Eccoci. Partiamo dal Presidente della Provincia che verrà. Quello attuale, Domenico Biancardi, difficilmente sarà ricandidabile. Il suo secondo quinquennio di sindaco di Avella scade a maggio. Se in Parlamento non passerà la proposta di allungare a tre i mandati, la partita è chiusa. Sicché il problema della successione esiste, se ne sta discutendo ed è addirittura naturale che il Partito Democratico, forte della sua sovrabbondante maggioranza di consiglieri comunali (sono loro che eleggono il presidente), non voglia farsi sfuggire l’occasione di avere un proprio rappresentante al vertice della Provincia.

Ed è qui che torna centrale il Congresso Pd convocato per il 28 febbraio. I dem, è cosa nota, sono divisi come peggio non si potrebbe. Si andasse a votare domattina, la guerra interna al partito tra i due blocchi in guerra alle recenti regionali favorirebbe, con ogni probabilità, l’elezione per caso di un “non Pd”: ipotesi tutt’altro che peregrina, visto che già è accaduto nel 2018 con la sconfitta del sindaco di Solofra, Michele Vignola, ad opera del “civico” Biancardi.

Torna centrale il Congresso, allora, perché dal suo esito dipenderanno anche le sorti della presidenza provinciale. Se ci sarà accordo per un Congresso di ritrovata unità, non sarà difficile trovare la convergenza sul nome del candidato Presidente e farlo eleggere. In caso contrario appare verosimile – come si è testé detto – che la divisione congressuale porterà all’insuccesso e si rifletterà negativamente anche sulla scelta di tutte le altre figure apicali degli enti sovracomunali e società di servizio.

Ora ragioniamo in concreto sui nomi. Non è un mistero che il Pd irpino, chiamiamolo così, ufficioso – ovvero il partito che è sulle posizioni di Del Basso De Caro, Petitto e Festa, e che gode dell’appoggio di D’Agostino – punti sul nome del sindaco di Avellino. Si dovesse scegliere oggi, ossia a prescindere dal Congresso, il Pd ufficiale non sarebbe d’accordo nemmeno con la pistola puntata alla tempia. Identica risposta, però, avrebbe il Pd ufficiale da quello ufficioso se proponesse un nome del suo blocco. Eccoti, dunque, che il Congresso ritorna centrale: l’equilibro tra le due realtà o si trova lì oppure punto e a capo con soluzioni pasticciate non certo utili al Partito Democratico.

In attesa che si decida il “finale” congressuale, che poi significa quale vita vorrà vivere il Pd, non è superfluo – ai fini dell’analisi politica – ragionare su due domande: 1) Il Pd ufficioso è legittimato ad avanzare un proprio nome per la presidenza della Provincia? 2) Il nome di Gianluca Festa, in quanto sindaco di Avellino, è oggi quello meglio rappresentativo degli interessi della comunità provinciale?

A nostro avviso sono ragionevolmente positive tutt’e due le risposte. Sulla prima domanda. Per quanto ufficioso, il Pd di Del Basso De Caro, Petitto, Festa e l’appoggio esterno di D’Agostino è una realtà elettorale che sul piano della rappresentanza istituzionale e politico-sociale esprime un deputato, peraltro l’unico dem della circoscrizione Irpinia-Sannio, un consigliere regionale sui quattro eletti in provincia, il sindaco del capoluogo e, non ultimo, uno degli imprenditori più prestigiosi della Campania, con una esperienza parlamentare alle spalle e impegnato oggi nel tentativo di riportare l’Avellino Calcio agli antichi splendori, circostanza che pesa parecchio nella raccolta del consenso.

Sulla seconda domanda. Non sarà semplice sostituire con successo Biancardi alla presidenza della Provincia. Egli sta mostrando un pragmatismo decisamente apprezzabile e, soprattutto, uno stile istituzionale la cui importanza l’attuale sindaco di Avellino, ad esempio, sembra aver molto sottovalutato. Tuttavia non è impresa impossibile rimediare alle intemperanze caratteriali: bastano buona volontà e un po’ di buona scuola. Il dato prevalente, piuttosto, è che Festa è comunque il sindaco del capoluogo. E mai come in questa drammatica congiuntura economica e sociale indotta dall’emergenza sanitaria Covid appare opportuno che l’intera comunità provinciale venga istituzionalmente e simbolicamente “trainata” verso la rinascita dal suo capoluogo.

Quanto all’altra questione accennata nel Post Scriptum del nostro editoriale di mercoledì, ovvero l’incidenza del Congresso Pd sul percorso che condurrà alle prossime politiche, la crisi di governo appena aperta e la sua imprevedibile evoluzione rendono decisamente anacronistico ogni ragionamento al riguardo. Ne riparleremo quando lo scenario si sarà (s)chiarito.

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