Vaccinazioni anti-Covid: occhi aperti su eventuali privilegi e discriminazioni

Domenica 27 dicembre 2020 è stato un gran bel giorno nel calendario dell’emergenza sanitaria che da dieci mesi ha messo il mondo in ginocchio, fatto già troppi morti, indotto incalcolabili danni economici e sociali, sconvolto le vite di tutti noi, eccezione fatta – chiaramente – degli imbecilli di varia umanità: dai negazionisti agli irresponsabili, per finire con i tanti scemi del nostro villaggio globale, ai quali va tuttavia riconosciuta l’attenuante circostanziata d’essere essi stessi vittime innocenti di Madre Natura.

È stato un bel giorno perché viene avviata in Europa la campagna di vaccinazione anti-Covid. Un giorno che possiamo spingerci a definire addirittura bellissimo, se aggiungiamo alla semina della speranza d’immunità la scelta di farla partire contemporaneamente in tutti i Paesi dell’Unione: un atto che ha in sé una straordinaria valenza politica, forse la seconda più importante decisione Ue dopo il Recovery Fund.

È una cosa scontata, ma vale la pena ridircela, soprattutto per non correre il rischio di cadere nella trappola dell’illusione. Ieri è stata messa soltanto la prima pietra di un’opera che per la sua dimensione e la complessità delle fasi di produzione, distribuzione e somministrazione dei vaccini sarà progressiva e richiederà tempi di sicuro non brevi. Significa che per mesi la guerra al Virus dovremo continuare a combatterla noi tutti, con i comportamenti e le rinunce che ormai ben conosciamo. Significa anche e purtroppo che dovremo piangere altre vittime, affrontare nuovi disagi, tenere ben su le maniche ancora per non pochi mesi.

La madre di tutte le battaglie che siamo chiamati a combattere resta quella della “responsabilità” individuale e collettiva. Uno stile da non imitare, ad esempio, è quello di Heather Parisi – ancora bravissima “showgirl”, anche se ormai molto show e poco girl – la quale da Hong Kong fa sapere urbi et orbi, manco fosse una Papessa, che lei e famiglia non si vaccineranno: come se al mondo gliene potesse “non fregar de meno” del suo Pensiero sul Virus abusivamente Accademico.
Ed altrettanto sconsigliabile è lo stile, ancorché comico, di Beppe Grillo: il quale – ancor non pago della rappresentanza politica e governativa che ci ha regalato – nel giorno di Natale ha lanciato l’ennesima stoccata sui vaccini, per di più con l’ironia spuntata del seguente messaggio: “Li sto aspettando, li sto aspettando tutti, li vorrò fare tutti insieme in un’unica siringata”.
Andrebbe invece raccolto, e rigorosamente attuato, il monito di Papa Francesco: “Assicurare il vaccino a tutti, cominciando dai più bisognosi”.

Eccola qui, nelle parole semplici ma di universale Verità del Pontefice, la missione più delicata e difficile da portare a compimento. Il vaccino a tutti, cominciando dai più bisognosi. Per la prima parte del “Comandamento” – lo abbiamo scritto sopra – serve il tempo tecnico necessario. È una variabile dipendente dalla capacità produttiva dell’industria farmaceutica. La garanzia oggettiva vien data dalla convenienza d’impresa: più dosi vanno sul mercato, più si guadagna. È sulla “gerarchia” dei “bisognosi” che potremo avere problemi, è qui che il controllo politico e democratico dovrà essere ferreo.

Il governo, come sappiamo, ha individuato le priorità: personale sanitario (e al proprio interno una opportuna scelta di gradazione a cerchi concentrici, partendo da chi è maggiormente a contatto con il paziente Covid), quindi gli anziani in ordine di età e patologie annesse e connesse, operatori pubblici a cominciare dalla scuola, etc.

È una scelta gerarchica condivisibile, risponde alla necessità di individuare nel “rischio” il principale parametro di riferimento. Il problema è, appunto, l’attuazione di queste direttive. Sul tema è stato detto, o almeno pubblicizzato, molto poco. Il governo ha voluto centralizzare la gestione della campagna di vaccinazione: una decisione saggia dopo tutti i conflitti istituzionali – alcuni gravissimi – ai quali abbiamo assistito da febbraio ad oggi. Ma dovrà comunque servirsi delle strutture di servizio periferiche, che dipendono essenzialmente dalle Regioni. Chi controllerà cosa e chi e con quali metodi e mezzi?

Garantire che nessuno venga privilegiato e nessuno discriminato è la grande, vera sfida che le istituzioni competenti dovranno affrontare da oggi in poi. Ne potrà derivare una grande prova di civiltà, di capacità di servizio, di giustizia sociale; oppure un colossale fallimento che non possiamo consentirci senza poi dover pagare un prezzo troppo alto sul versante della convivenza democratica.

Nessuno interpreti in accezione minacciosa il nostro invito alla massima trasparenza in tutte le operazioni della campagna-vaccini. Le autorità e gli organi di gestione competenti ai diversi livelli, tuttavia, sappiano che noi ci saremo: per osservare, per fare domande, per raccontare. Il nostro dovere, nient’altro che questo. A cominciare da stamattina, al “Moscati”, con le prime cento vaccinazioni.

P.S.: Raccontano – strettamente in privato – che in alcune strutture sanitarie di Milano e di Roma è possibile curare il Covid con farmaci dal costo di circa centomila euro. E ciò spiegherebbe perché nomi famosi dell’imprenditoria, nonostante l’età molto avanzata, siano riusciti a superare la fase critica dell’infezione da Covid, per di più in tempi rapidi.
Sono leggende metropolitane o verità? Di fatto c’è che alcuni di quei nomi si conoscono, avevano pubblicamente dichiarato il contagio, e sono guariti.
Forse il ministro della Salute, Roberto Speranza (Leu) farebbe cosa buona e giusta se dicesse qualche parola di chiarezza al riguardo.

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