Covid: stavolta il sindaco di Avellino ha ragione. Ma quello di Mirabella…

Sei mesi fa, in piena emergenza Covid, il sindaco di Avellino lanciò una proposta che oggettivamente, parafrasando il Padrino, non poteva che essere “rifiutata”. Insomma, era improponibile, dunque irricevibile. Egli chiedeva alla Regione, già avanti con il programma di realizzazione di quattro Covid Hospital in Campania, di farne un altro ad Avellino utilizzando la struttura sanitaria dell’ex Maffucci di via Pennini.

Non ebbe mai una risposta da Palazzo Santa Lucia, e di certo non fu un gesto istituzionalmente corretto da parte del presidente De Luca. Nel merito, tuttavia, il rifiuto della Regione era spiegato dall’evidenza della realtà. Per Avellino era già stato opportunamente deciso di destinare al Covid 52 posti letto della Palazzina nuova di zecca ubicata nell’area della Città Ospedaliera e utilizzata per l’intramoenia. E non mancò chi fece ragionevolmente notare che il problema dei Covid Hospital, in Campania come in Lombardia e altrove, non è la struttura materiale in sé – per cui o Maffucci o Palazzina Alpi, non cambia niente – ma i macchinari specifici e soprattutto il personale medico e infermieristico che servono per poterne fare centri specialistici adeguati. All’epoca come oggi, di fatto, non c’è personale a sufficienza per garantire turni “umani” al Moscati e ai quattro Covid Hospital, figurarsi se riuscivi a reperirlo sei mesi fa nel pieno dell’emergenza.

Il sindaco di Avellino ha rilanciato la proposta in questi giorni. Ma è un’idea diversa, stavolta utile e fattibile, anche se il primo cittadino, in eterna e dannosa polemica con il governatore della Campania, e confidando nella debolezza di memoria degli avellinesi, tenta di farla apparire sempre la stessa. Oggi, in effetti, egli chiede che il Maffucci venga utilizzato – con sostanziale funzione di casa albergo – per i “positivi asintomatici”: ossia per i contagiati che devono osservare l’isolamento domiciliare ma non hanno bisogno di assistenza medico-infermieristica. Al riguardo si potrebbe obiettare che ciò è possibile farlo a casa propria. E invece non è così: perché non tutti dispongono di alloggi capaci di far convivere sotto lo stesso tetto membri familiari “positivi” e membri non contagiati. La promiscuità “inseparabile” ha come effetto certo la trasmissione del contagio da un familiare all’altro, e in tal modo la catena si allunga senza soluzione di continuità.

Paradossalmente, stavolta che il sindaco propone una cosa seria e utile, dalle opposizioni consiliari, tutte o quasi, arriva una cascata di “No” più improntata al pregiudizio che alla solidità degli argomenti. Il motivo ricorrente dei “No” è che servirebbe molto tempo per riconvertire il Maffucci, circostanza decisamente falsa in quanto la struttura è stata già sostanzialmente riadeguata all’uso para-sanitario, ciò che oggi in effetti servirebbe, e che dovrebbe essere soltanto completato con la organizzazione di un servizio pasti e pulizie esterno. Oltre tutto, se mai si mette la prima pietra per certe necessità, mai se ne realizza la soddisfazione. E al fondo delle cose, chi lo dice che questa nuova emergenza sia destinata a finire tra un mese o due: i consiglieri comunali di opposizione? Magari avessero il dono della preveggenza: tanto per cominciare, non sarebbero all’opposizione.

Il sindaco di Avellino farebbe bene a non demordere. D’altra parte, perché perder tempo a parlare con gli interlocutori sbagliati? Il Maffucci non è proprietà del Comune. É nella disponibilità dell’Asl (non del Moscati) per orientamento deciso ma non ancora formalizzato dalla Regione. È qui, al portone di Palazzo Santa Lucia che bisogna andare a bussare. Ci sono i nuovi consiglieri regionali, ancorché non ancora proclamati: il sindaco li metta subito alla prova. E attraverso loro metta alla prova anche il governatore, avendo cura di evitare di buttarla in caciara, secondo uno stile consolidato che sarebbe tempo di smettere, almeno per i problemi drammaticamente seri come il Covid.

Ieri, ancora a proposito della nuova emergenza sanitaria, il primo cittadino di Avellino ha anche rilanciato l’appello al governatore affinché venga concessa ai sindaci maggiore autonomia decisionale. Potrebbe essere una buona idea se concordata e concretizzata con estremo rigore e responsabilità istituzionale. Mai come ora il presidente della Regione ha bisogno della collaborazione di tutti, pur nel rispetto dei ruoli. Mai come ora allo “Sceriffo” servirebbero tante “sentinelle” collaborative sul territorio. E in tal senso i sindaci possono effettivamente svolgere una funzione importantissima, sia per la conoscenza che hanno dei loro centri, sia per la più diretta incidenza che possono avere nell’orientare le comunità verso comportamenti meglio adeguati alla gravità della congiuntura cui dobbiamo far fronte.

Per stare al rigore e alla responsabilità istituzionale, ad esempio, nessun sindaco irpino dovrebbe prendere a modello comportamentale quello esibito in queste settimane, e soprattutto in questi ultimi giorni, dal primo cittadino di Mirabella Eclano, il Comune irpino simbolo – assieme a Cervinara – dei più pericolosi focolai accesi dal Covid di ritorno. Di fronte all’esplosione dei casi positivi nel suo territorio, il sindaco Ruggiero ha ritenuto di scaricare ogni responsabilità sull’Assoluto Indistinto, autoassolvendosi oltre ogni ragionevole dubbio, e facendo finta di dimenticare che a Mirabella ci sono stati, di recente, comportamenti assurdi in occasione di affollate feste in famiglia ed eventi tradizionali come la ricorrenza del “Carro: le feste in famiglia, con il suo “naturale” assenso, la ricorrenza senza un suo dissenso opportunamente tradotto in atti sanzionatori dovuti (c‘erano oltre trecento giovani senza mascherina “assembrati” come sardine al borgo del paese, sabato 19 settembre, per la ricorrenza del Carro: tra questi c’erano anche due ragazzi di Grottaminarda poi risultati positivi al Covid. E allora, è statasì o noun’assurdità? Il sindaco ne era al corrente, sì o no? Quante sanzioni sono state inflitte: 300, 10, 1, nessuna?).

Di più: si tratta dello stesso sindaco – Udite, Udite! – che, causa Covid, ha emesso l’ordinanza di chiusura del mercatino domenicale, ormai svogliatamente frequentato da poche persone, e tiene aperti due centri commerciali che nei week end attirano migliaia di irpini. Certo non spetta a noi suggerire l’apertura o la chiusura di qualcosa, e se ci fosse chiesto risponderemmo che – con le misure prescritte dalle ordinanze della Regione – allo stato non sussistono le condizioni per chiudere né il mercatino né i due centri commerciali. A maggior ragione, allora, la domanda nasce spontanea: perché il mercatino sì e i centri commerciali no? Perdonerà la nostra impertinenza, il Signor Sindaco di Mirabella: c’è per caso qualche relazione col fatto che in quei due centri il sindaco ha diverse sue attività? Giusto per capire

POST SCRIPTUM: A propositivo delle cronache Covid di Mirabella Eclano, paese dove sono nato e cresciuto, sulle pagine di un giornale ho letto la seguente notizia (?) – commento: “… Al momento l’unica buona notizia riguarda l’intera famiglia del sindaco, Giancarlo Ruggiero. Tutti i congiunti, compresi gli anziani genitori, i fratelli del primo cittadino e il personale di una struttura di ristorazione di proprietà della famiglia sono risultati negativi al tampone…”.

Fin qui la notizia (?), incompleta solo perché mancano gli esiti dei tamponi di cane, gatta e coniglietto che probabilmente – se la cronista vuole – saranno fatti più in là. Ma cosa significa che quella è l’unica buona notizia? E il fatto che altre migliaia di famiglie – grazie a Dio – non siano state toccate dall’epidemia èper caso una cattiva notizia? Insomma, della serie: i cittadini di Mirabella possono stare come cgli pare; l’importante – secondo l’articolista – è che stia bene il sindaco. E le feste, gli assembramenti, gli occhi chiusi, le ordinanze, il mercato, i centri commerciali? Nulla da dichiarare?

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