L’occhio assoluto

Per tornare a casa ogni giorno mi tocca percorrere in macchina, ad un certo punto, una strada in salita; e nel farla mi accorgo che talora anche il mio umore, per i motivi più svariati, cioè a volte fondatamente a volte stupidamente, è allo stesso modo tutto in salita.

Ma alla fine del tragitto mi rendo conto che non c’è stato d’animo che mi impedisca di incollare i miei occhi sullo spettacolo offerto da tre maestosi alberi di mimosa, ora in piena fioritura, e di immaginare il profumo gioioso che queste piante, smosse dal vento, diffondono intorno a sé.

È evidente: la primavera è alle porte e mostra la ferma intenzione non solo di non volersi assuefare al senso di sconfitta in cui versa la società globale, incapace com’è di trovare la strada della pace, ma anche di non voler rinunciare a colorare ancora una volta con fiori di vario tipo alcuni angoli della città o i giardini delle abitazioni private, a dispetto di ogni cosa.

Ed è in questi momenti in cui, dunque, tutto incita alla rinascita, ai colori e ad una nuova fioritura, che penso ai misteri della vita, al suo riservarci da una parte delusioni e sofferenze, dall’altra una taciturna bellezza che non può essere inutile.

Mi viene in mente, in proposito, il concetto di “orecchio assoluto” di cui ho sentito di recente parlare nel campo della musica e che è inteso come la capacità uditiva, piuttosto rara, di identificare in maniera precisa una nota musicale senza l’ausilio di alcuno strumento.

Ebbene credo che ognuno di noi dovrebbe sforzarsi di coltivare una sorta di “occhio assoluto” da intendersi, in questo caso, come il riuscire a scorgere il bello che è fuori e intorno a noi, sempre e nonostante tutto. Nessuno, ne sono convinta, viene abbandonato e dimenticato nella sofferenza, perché ci sono doni sempre in agguato, al pari del dolore, purché si sia disposti a percepirli e ad accoglierli.

C’è una sorta di magia nei momenti in cui ci sentiamo oppressi dai problemi o più semplicemente dalla tristezza, nel fare, ad esempio, un incontro benefico con l’amico caro che non vedi da tempo o insomma con quelle rare persone che non appaiono semplicemente, ma che “sono”, perché dotate di un’anima profonda e meravigliosamente voluminosa, capace di trapassare ogni nostro muro o peso; così come pure c’è magia nello scorgere i rami colmi di fiori di pesco dal colore sgargiante che fuoriescono da un cancello.

E questa magia non è privilegio di pochi, ma è alla portata di tutti. E come nella musica chi ha “l’orecchio assoluto” ha una marcia in più, (basti pensare a Ella Fitzgerald o a Frank Sinatra, a Celin Dion, a Michael Jackson), avere nella vita “l’occhio assoluto” (termine da me coniato!) può significare, credo, avere sempre “una feritoia di luce”, una salda ancora di salvezza; cioè significa essere disponibili a farci pervadere dalla dolcezza e la bellezza che ci circondano nonostante le difficoltà che ci attanagliano e anzi trovare così una valida cura.

Ma è necessario prendere le distanze dal proprio ego, che in realtà ci inchioda in spazi angusti e soffocanti; bisogna decidere di non crogiolarsi nella sofferenza e imparare a sentirsi parte dell’universo e a guardare nuovamente il mondo che ci circonda con maggiore umiltà e con meraviglia, per trovare sostegno e risposte, cose dal sapore prezioso ed essenziale.

Quell’essenziale che spesso è nella purezza e nella semplicità delle cose come di certe rare persone, che, per quanto mi riguarda, mi fanno sentire ricca e attutiscono per un po’ ogni mio dolore.

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