IL CORSIVO – Salvini, Tajani e il Governo che traballa
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Mentre sul caso Ucraina Giorgia Meloni se ne sta zitta e in gran disagio, e si capisce perché, i suoi due vice – Salvini e Tajani – parlano anche troppo ma non si capisce bene dove vogliono andare a parare. Invero, il più enigmatico è il ministro degli Esteri. Infatti, se il capo della Lega almeno appare sorridente ed esulta affermando che ora ha “buoni rapporti con Usa ma anche con Mosca”, ovvero “pollice verso” per l’Ucraina e Zelensky, il leader di Forza Italia si arrampica sugli specchi, vorrebbe dire ma non può dire ciò che veramente pensa. Sicché ancora ieri – partecipando ad un convegno sulle radici cristiane dell’Europa nel paese di San Pio – ha affermato tra l’altro: “L’Europa serve a noi italiani per sentirci più sicuri e più protetti e non c’è alternativa all’essere europeisti”.
Detto a Pietrelcina, uno s’immagina che Tajani, per la sicurezza e la protezione, stia facendo voti a San Pio. Ovviamente non è così, perché lui è andato lì per propiziare voti – quelli delle urne – a legittimo sostegno del suo partito. Ergo, il riferimento è al timore – fondatissimo – che noi italiani non siamo più sicuri e protetti rispetto a Putin, l’esatto opposto di quanto invece sostiene Salvini.
Perdonate il giro di parole per arrivare al nocciolo della questione: un governo sostanzialmente così diviso sulla politica estera, mai come oggi tanto importante e decisiva per i nuovi equilibri politici nel mondo, quanto tempo può ancora reggere?
È questo l’interrogativo da porsi. Tutto il resto è dettaglio.
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