IL CORSIVO – Se la Sanità Pubblica va a farsi benedire
Milena Gabanelli e Simona Ravizza (Dataroom di ieri) danno una risposta al perché nel Sistema sanitario nazionale c’è una carenza ormai insostenibile di infermieri (oltre che di medici). Si pensi che solo negli ospedali pubblici mancano ben sessantamila laureati in Infermieristica, un numero decisamente elevato che spiega in gran parte non pochi disservizi che si registrano in modo particolare nei Pronto Soccorso e nelle altre emergenze ospedaliere.
Secondo lo studio di Gabanelli e Ravizza, le cause principali di questo fabbisogno che non si riesce a colmare sono essenzialmente tre: 1) Gli attuali 20 mila posti del corso triennale di laurea in Infermieristica sono in effetti il doppio rispetto a 24 anni fa; ma su cento messi a bando alla fine si laureano in 70. 2) A sostituire i 13 mila pensionamenti all’anno non bastano i 10 mila laureati del 2023 e i 12 mila del 2024. Le uscite, dunque, continuano a non essere coperte dagli ingressi… Chissà quanti anni ci vorranno per bilanciare i buchi di organico ereditati dal passato. 3) Il fenomeno delle dimissioni volontarie è inarrestabile. C’è infatti un’emorragia continua di professionisti che lasciano il Sistema sanitario nazionale: tra il 2017 e il 2023 i liberi professionisti di settore sono aumentati di circa 7.700 unità, e solo nel 2023 almeno altri 3.000 sono andati a lavorare all’estero.
Sul terzo punto l’analisi di Gabanelli e Ravizza indaga anche il profilo economico dei professionisti. Ci limitiamo anche qui al caso Infermieri. La sintesi dal Dataroom: dal luglio 2009 al maggio 2018 in busta paga non è entrato nemmeno un euro in più a causa del blocco dei contratti della Pa. Il provvedimento fu introdotto dal governo Berlusconi e confermato dai governi Monti, Letta e Renzi. Alla fine, paradossalmente, fu dichiarato incostituzionale: dopo il danno la beffa.
Il primo aumento di 81 euro lordi al mese arriva con il rinnovo del contratto 2016-2018. Con la trattativa 2019-2021 in busta paga entrano 163 euro lordi al mese in pù, sicché la retribuzione attuale è di 22.476 euro lordi all’anno (su 13 mensilità) per un neoassunto: il netto al mese è di 1.694 euro, che diventano 1.939 dopo 30 anni di carriera. Ma qui le due analiste fanno notare che “intanto dal 2022 al 2024 si è accumulata un’inflazione che ha eroso il potere d’acquisto del 17%, e che pesa come un macigno su uno stipendio già di per sé basso”.
A questo punto non serve la consulenza del Nobel dell’Economia per far comprendere che un mestiere del genere – che è servizio alle persone ammalate, dunque più delicato, impegnativo e usurante di altri mestieri – da qualsiasi angolazione si guardi giammai può essere ritenuto “appropriato” se poi è anche mal retribuito.
È sufficiente questo per spiegare la fuga di tanti infermieri e medici verso il “privato” nazionale e all’estero: un fenomeno che anche l’attuale governo sta sottovalutando, mentre si espone sempre più a rischio di sopravvivenza la nostra “indispensabile” Sanità Pubblica.
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