IL CORSIVO – Terzo mandato: se anche Zaia perde la pazienza
Terzo Mandato e giochini politici per fregare due presidenti di Regione premiati dall’elettorato e bloccati dai vertici dei partiti. Sicché, alla fine, dopo De Luca, ha perso la pazienza anche il governatore del Veneto, Luca Zaia, politico e amministratore di sicuro spessore culturale e di collaudato sano pragmatismo.
De Luca è vittima di Elly Schlein, la novella Zarina del Pd che ha restaurato un centralismo “antidemocratico” messo al bando perfino dall’ex Pci già in era pre-Berlinguer.
Ad affossare Zaia è stata invece Giorgia Meloni, nelle vesti di Premier, attraverso l’impugnazione della legge sul Terzo Mandato della Regione Campania (a meno che la Consulta non decida saggiamente per il rigetto).
Non sorprende l’atteggiamento di Schlein: il giorno stesso che venne eletta segretaria del Pd, grazie alle manovrette democristiane di Franceschini e Prodi e agli accordi sottobanco con il M5S di Giuseppe Conte, la Zarina svizzera decise che il “capobastone” De Luca doveva essere cancellato dalla lista dei governatori dem. La ragione? A prescindere. D’altra parte, che Zarina, perdippiù svizzera, si potrebbe mai essere senza il piglio dell’irragionevole, oltre che insostenibile, leggerezza dell’essere?
Invero non sorprende nemmeno l’atteggiamento di Giorgia Meloni: frega Zaia per tentare, nelle vesti di leader di FdI, di fregarsi il Veneto, ossia di candidare un fratellino d’Italia al posto di un leghista.
Da qui, appunto, lo sbotto di Zaia: “La questione del Terzo Mandato è un’anomalia tutta nostra. Ed è stucchevole che la lezione venga da bocche che da trent’anni sono sfamate dal Parlamento”.
Tuttavia, la questione molto sottovalutata da Schlein e da Meloni è che sia De Luca che Zaia sono politici (si diceva una volta) di razza. A tutto possono essere assimilati fuorché ai cagnolini di certe “padroncine” portati a passeggio con la puzza sotto al naso per ostentare chissà quali natali politici – direbbe Totò – “nobili e perfetti”.
Verrà il tempo delle decisioni della Consulta e poi il tempo delle elezioni. Decisioni ed elezioni tutt’altro che scontate. Perché l’esito del voto non si costruisce nei Palazzi ma nelle urne. E qui dentro le schede le vanno a mettere gli elettori. È la democrazia, carissime Giorgia ed Elly.
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