IL CORSIVO – L’Autonomia, il referendum, Zaia e… Schlein

La Cassazione ha dato il via libera al quesito referendario sull’abrogazione totale della legge per l’Autonomia differenziata scritta dal ministro della Lega, Roberto Calderoli, fatta propria dal governo Meloni e votata dalla maggioranza di centrodestra seppure con qualche se e qualche ma di facciata (certe leggi o si votano o non si votano: quella di Calderoli è una “porcata”, una legge contro il Sud, il centrodestra l’ha votata, punto).
La parola definitiva, chiaramente, spetta alla Corte Costituzionale, che tornerà a riunirsi a gennaio dopo la sua bocciatura parziale pronunciata lo scorso novembre. Imprevedibile l’esito. Come osservano gli esperti in materia, il nuovo giudizio della Consulta sarà tutto incentrato sul legame tra l’Autonomia e la legge di Bilancio. Si vedrà.
Decisamente prevedibile, invece, la reazione rabbiosa degli uomini di punta della Lega. Uno per tutti, Luca Zaia. Con tutto il rispetto che merita il presidente della Regione Veneto – politico di rare capacità amministrative – il suo disappunto tradisce una cinica faziosità che stride con la sensibilità democratica e sociale raccontata dalla storia del governatore. “Noi andiamo comunque avanti”, ha detto. Senza mancare di aggiungere l’invito al non voto per boicottare il raggiungimento del “quorum” nella battaglia referendaria. Il livore di Zaia si può spiegare solo in in un modo: la Lega dell’Autonomia firmata da Calderoli è stata sorpresa con le mani nella marmellata del futuro del Sud. Tutto qui. Tutto banalmente, ma brutalmente, qui.
Nella specifica materia, sulla sponda dell’opposizione, tuttavia, di certo non si può definire esemplare il portamento politico della leader Pd, Elly Schlein. La quale, assieme alla Compagnia del campo assai largo di chiacchiere e sgambetti, ha capito quanto fosse deleteria la legge pensata da Calderoli soltanto un anno dopo – e ce n’è voluto! – le prime grida lanciate (nel deserto!) da De Luca. Che per caso è lo stesso De Luca che la segretaria Pd non vuole ricandidare alla presidenza della Regione Campania per sostituirlo, chissà in virtù di quale diritto e principio democratico, con una foglia di “Fico” a cinque punte, o cinque stelle che dir si voglia. Perfino Eva – progenitrice (pudica?) del genere umano – avrebbe saputo far meglio per coprire la “vergogna” di un atto insensato che rischia di consegnare la seconda più popolosa regione d’Italia all’odiata (da Schlein) Giorgia Meloni.

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