IL CORSIVO – Renzi e Calenda, una coppia impossibile. Peccato!

Diciamoci la verità: è un vero peccato che due persone come Matteo Renzi e Carlo Calenda debbano stare fuori dai giochi politici che contano, nel senso che ormai tutt’e due non incidono in misura proporzionale alle loro capacità sia sulle scelte parlamentari che su quelle governative.
Diciamoci subito, però, anche che ciò accade soltanto per loro responsabilità e non certo per il destino cinico e baro. Sono due soggetti controversi, accomunati unicamente da un gigantesco limite, chiamiamolo pure con il vero nome: Egolatria. Ed è un peccato, perché diversamente farebbero una coppia eccellente. Renzi con la sua esperienza politica, l’intuizione, la fantasia, la dialettica. Calenda con la sua profonda conoscenza dei problemi economico-finanziari, la capacità di elaborare soluzioni, la formazione manageriale, il pragmatismo forgiato nel naturale senso realistico delle cose.
Purtroppo è già accaduto, abbiamo visto tutto: è una coppia impossibile, insistere significherebbe perseverare nell’errore, roba diabolica. Sicché, allo stato dell’arte, uno soltanto dei due potrebbe dare una mano alla Politica, mai tanto in crisi come in questa fase – ahinoi! – troppo importante per lasciarla alla mercé dell’improvvisazione, dei populismi, delle formule solo apparentemente magiche proposte da sinistra, con i campi sgangheratamente larghi, e da destra, con le ipocrite affermazioni secondo cui si può stare insieme in Italia e divisi in Europa, manco a dirlo proprio quando le politiche europee sono centrali e fortemente condizionanti le politiche nazionali.
Uno dei due. Quale dei due? La nostra opinione è che Calenda abbia più chance da giocare rispetto a Renzi: non in base alle rispettive capacità, sono tutt’e due ugualmente capacissimi. Piuttosto in base alle diverse motivazioni.
Renzi sembra aver perso la giovanile, forte motivazione della Politica come ideale. Diciamolo, senza che l’abbia a male: se un politico riesce a guadagnare, legittimamente, quanto racconta la sua dichiarazione dei redditi, è troppo distratto dal secondo lavoro per potersi dare al primo con tutto se stesso. E la Politica vera, Alta e Nobile, è questa, non si sfugge: o le dai tutto te stesso, oppure è altra cosa.
Ma c’è un motivo in più che rende oggi poco attendibile Renzi nella interpretazione della Politica come ideale. Ed è quell’abbraccio con Elly Schlein a “Partita del cuore” finita. Si fosse fermato al gesto sportivo, ancor più nobilitato dalla raccolta fondi di solidarietà, il suo sarebbe apparso un atto di grande sensibilità e bellezza umana. Lui, invece, ci ha tenuto a spiegarlo nel significato squisitamente politico. Ha detto in modo chiaro e netto che il campo largo si può e si deve fare, perfino con l’acerrimo nemico – non avversario – Giuseppe Conte. In altre parole, un Matteo Renzi che si ritrova sottobraccio, volontariamente e gioiosamente, non solo con la svolta radicale del Pd a sinistra impressa da Schlein, ma anche con Fratoianni, Bonelli e il M5S. Insomma l’esatto opposto di quanto l’ex enfant prodige ha predicato per anni. Dove siano, la coerenza, la serietà, la verità del Pensiero è pressoché impossibile capirlo. Gli elettori trattati da idioti. Non è una storia accettabile. Sarebbe curioso sapere Bersani come racconterebbe oggi la sua “Mucca” che dal “corridoio” è finita in cucina, se non proprio nella stanza da letto.
Carlo Calenda, ancorché egolatra almeno quanto Renzi, è altra pasta, altro stile, altra idealità, altra genuinità: lui guarda (ancora) alla Politica come ideale. Al netto di qualche scivolatina tattica sul fronte delle alleanze, lui è un liberale e moderato tutto d’un pezzo. Lo è nel Dna. E il Dna verace non si cambia, nemmeno sotto la tentazione invasiva del dio Danaro. Lui è genuinamente di “centro”. E sa perfettamente che i nuovi equilibri politici, in Italia come in Europa, o si costruiscono “nel” centro e “sul” centro, oppure sono apparenti e instabili e possono produrre effetti devastanti. La storia ci ha fornito più d’un esempio. Ma tant’è.
Per concludere, in una intervista di ieri del Corriere della Sera, al cronista che lo stuzzica dicendo: “Lei non si è unito alla compagnia del campo largo…”, Calenda risponde: ”L’unica compagnia a cui ha senso unirsi è quella in cui ti dicono che cosa vogliono fare per l’Italia. Siccome in quella compagnia lì non c’è un singolo argomento su cui siano d’accordo, dalla Nato all’Ucraina, dal lavoro all’energia, a che cosa ci dovremmo unire? Che proposta è quella del campo largo per governare il Paese nella più difficile fase della storia dell’Occidente?”.
Eccolo il Calenda liberale e moderato, manager e pragmatico, idealista e realista, altra pasta, altro stile, altra genuinità. Deve stare soltanto attento alle scivolatine tattiche. E lo può fare semplicemente applicando alla lettera ciò che egli stesso ha detto nella medesima, succitata intervista: “Da noi massima disponibilità a discutere di un’agenda di governo, ma non andiamo a fare i cespugli dei populisti per quattro posti in Parlamento”.
Vedremo come andrà a finire.

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