IL CORSIVO – Il debito pubblico italiano e la cura Pomicino
Un’intervista del Corsera all’ex potentissimo ministro Paolo Cirino Pomicino da non perdere: è vera, originale, simpaticissima, istruttiva, attuale nonostante siano trascorsi decenni da quando “‘O Ministro” dettava legge nei governi Andreotti VI e VII. Non a caso è stata raccolta da due grandi firme del Corriere: Aldo Cazzullo e Tommaso Labate. Bravissimi come sempre loro due. Superlativo lui, il politico napoletano, medico di professione, che fu tre volte sul punto di morire a causa del suo cuore capriccioso: una persona di rara intelligenza e competenza, perfino chiacchierato a furia d’ingenerosi colpi bassi, tuttavia politico onesto e soprattutto capace.
Della lunga intervista, che dovete necessariamente leggere tutta d’un fiato nella sua versione integrale, vi proponiamo (per la nostra chiosa finale) solo le poche, ultime righe.
Rispondendo ad una delle domande sul suo stato di salute, lui dice: “Credo che questa sia la mia ultima intervista. Non sto bene, sto per ricoverarmi di nuovo. Anche per questo vorrei dare una risposta a tutti quelli che mi chiedono cosa farei oggi, nella situazione in cui versa l’Italia, se fossi ancora ministro del Bilancio come ai vecchi tempi”.
Corsera: “E cosa farebbe?”.
Pomicino:”Il debito pubblico lo riduci se hai maggiori entrate fiscali. E un gettito in grado di assorbire parte del nostro debito pubblico lo ottieni solo se chiami a raccolta tutti i grandi ricchi del Paese e gli proponi un grande patto per salvare l’Italia”.
Corsera: “Accetterebbero, secondo lei?”.
Pomicino: “Non c’è altra strada”.
Cosa dire? Per stare nella metafora adeguata, saranno gli esperti a valutare se la terapia prescritta dall’ex ministro (ma sempre medico) sia azzeccata o meno. Di certo è “una proposta” per salvare il paziente Italia. E tanto a differenza delle “non proposte” dei non pochi specialisti che si stanno alternando da anni al capezzale del nostro abnorme debito pubblico, con il risultato di farlo aumentare sempre più.
Sicché, al punto in cui siamo – in ossequio al sano pragmatismo di un notissimo aforisma – il rischio cui è severamente esposto il Paese e che “mentre i medici continuano a discutere, il paziente Italia muore”.
D’altra parte, e in conclusione, la donazione – quando serve sangue in sala operatoria – la fa innanzitutto chi può. Nessuno venga a raccontarci che se i grandi ricchi del Paese partecipano al Patto per salvare l’Italia finiscono dritti alla mensa dei poveri.
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