IL CORSIVO – L’inchiesta Fanpage e le risposte sbagliate di Giorgia Meloni

La Premier e leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha sbagliato a contestare l’inchiesta degli “infiltrati” di Fanpage in una parte della cosiddetta “gioventù meloniana” liquidando il metodo come roba da regime. Ha sbagliato perché ogni inchiesta giornalistica che riesce a squarciare il velo che nasconde o cerca di nascondere “verità scomode” è un’ottima inchiesta, a prescindere dal metodo. Nella fattispecie, senza il lavoro dei giornalisti di Fanpage non si sarebbero potute avere le registrazioni in video di insulti antisemiti, espressioni razziste e saluti romani di una parte, ancorché largamente minoritaria, di quella “Gioventù” militante in Fratelli d’Italia. A meno che non si voglia ritenere “privata” una manifestazione di sicuro e gravissimo interesse pubblico.
Noi siamo stati sempre fermamente convinti che FdI non ha nulla a che vedere con il Fascismo. Abbiamo scritto e ripetuto, soprattutto di fronte alle frequenti incursioni demagogiche d’una certa sinistra, “aggettivamente” molto “sinistra”, che parlare oggi in Italia di antifascismo è semplicemente anacronistico e dunque strumentale, essendo il Fascismo morto e seppellito ottant’anni fa. Punto!
Ma ancora peggio ha fatto, la leader di Fratelli d’Italia, limitandosi a dire – nel merito di quanto appurato dall’inchiesta Fanpage – ciò che segue: “Penso che chi ha sentimenti razzisti, antisemiti o nostalgici abbia sbagliato la propria casa, perché questi sentimenti sono incompatibili con FdI”.
È poco, egregia Giorgia Meloni. È molto poco. Poco e per di più scontato ciò che ha detto: ci mancherebbe che chi nutre quei sentimenti fosse compatibile con il partito di Fratelli d’Italia o con qualsiasi altra forza politica del nostro sistema democratico.
Il problema è perché la leader di FdI non abbia ritenuto di far seguire alle parole che ha detto la “cacciata” dal partito, qui e subito, di quella “Gioventù” malata, deviata, esaltata, antisemita, razzista. Verso questa categoria non può bastare il consiglio, il monito, l’avvertenza. Servono atti concreti, nella forma e nella sostanza.
Giorgia Meloni, alla quale di certo non si può dare la colpa di quanto accaduto e portato alla luce da Fanpage, farebbe bene a rileggere più volte ciò che ha detto Liliana Segre nell’intervista a Marianna Aprile su La7. Ha detto: “Ho seguito, nelle varie trasmissioni, questa seduta, chiamiamola così, inneggiante anche a ‘Sieg heil’ (si riferisce alle registrazioni in video di Fanpage, ndr). Quindi ho visto e udito anche certi motti nazisti che purtroppo io ricordo in modo diretto, non per sentito dire. Ora alla mia età dovrò rivedere ancora tutto ciò? Dovrò essere cacciata dal mio Paese come sono stata già cacciata una volta?… Io credo che queste derive, chiamiamole derive, che sono venute fuori nell’ultima settimana in modo così eclatante, ci siano sempre state. Nascoste. Non esibite. Ma che, in parte, ci siano sempre state. E che con l’attuale governo si approfitti del potere grande della destra – che del resto è stata votata ed è andata al governo – per non vergognarsi più di nulla”.
Eccolo qui il punto, egregia Premier e leader Meloni. Il timore ragionato della 93enne senatrice Segre è che la tolleranza, la mancanza di gesti politici adeguati nei confronti di questi nostalgici, malati, deviati, esaltati, antisemiti e razzisti, possa incoraggiarli al punto da annullare in essi ogni freno della vergogna e non solo. Con tutto ciò che può seguirne.

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