No all’inverno delle emozioni
Imperversa da tempo sulla bocca di tutti e dà luogo a continui dibattiti circa la necessità del suo progredire: parlo dell’ “I.A.”, ovvero dell’odiata e/o amata Intelligenza Artificiale con i suoi algoritmi, elaborazione dati e grandi capacità di calcolo.
Leggendo un po’ qua e là, scopro che addirittura già nel 1950 un famoso matematico inglese, Alan Turing, si preoccupava di capire quando una macchina potesse essere definita “intelligente”; poi fino agli anni ’80, per mancanza di finanziamenti pubblici, si entrò nel c.d. “inverno dell’intelligenza artificiale”, fino ad arrivare ai tempi moderni in cui si sta invece investendo sempre di più nel settore.
Non starò qui ad elencare i pro e i contro di questo tema, in quanto già ampiamente noti a tutti. Ciò che conta è che finalmente gli Stati, europei e non, avvertono la necessità di regolamentare in modo uniforme la materia, soprattutto per evitare incontrollabili gravi conseguenze in campo etico.
Se non fosse chiaro, io non sono una fan sfegatata dell’Intelligenza artificiale a tutti i costi e in ogni ambito, benchè ne riconosca alcuni evidenti vantaggi in determinati e ben selezionati settori.
Per il resto, il mio desiderio principale resta che non si arrivi in modo definitivo “all’inverno dei sentimenti e delle emozioni”, o che, riportando la convinzione di Elon Musk, “il genere umano si libererà dalla necessità di lavorare” perché delle macchine lo faranno per noi.
Ma mi chiedo: davvero Musk ritiene che il desiderio generalizzato sia quello di dover solo premere un pulsante per mettere in funzione delle macchine che facciano il lavoro per noi!? Rabbrividisco all’idea! E mi chiedo come sarebbe più possibile provare quella energizzante adrenalina che si prova quando ad esempio un avvocato riesce, con i suoi sforzi e tra mille difficoltà, ad ottenere giustizia per i propri clienti; o quando un magistrato riesce a sua volta ad applicare la “legge giusta” e così a non mortificare chi l’ha invocata per non subire ignobili soprusi; o quando un medico, seguendo un passo dopo l’altro l’andamento della malattia di un paziente, riesce a farlo guarire o migliorare; penso alla soddisfazione dei bravi insegnanti che sanno far emergere il meglio dei propri alunni o a quella dei giovani che, appena ne hanno la possibilità, sanno svolgere il lavoro con sorprendente abnegazione e professionalità, o alla loro soddisfazione per una tesi scritta di proprio pugno (e non copiata da internet) e che sa coniugare cultura e sensibilità. Queste, nonostante i sacrifici messi in campo per raggiungerle, di certo sono emozioni irrinunciabili e che nessun automatismo potrà donarci. E aggiungo: tutti, nel nostro quotidiano, davanti ad uno sportello di qualche ufficio o in un negozio, abbiamo bisogno di incontrare sorrisi, anime, non computer.
Quindi il miglior augurio che ci si possa fare, anche in vista del Natale alle porte, è che il lavoro sappia sopravvivere a qualsiasi tipo di modernizzazione e che nessuna I.A. determini mai un “inverno dell’umanità”. E dunque, se è necessario adeguarsi al mondo digitalizzato e super tecnologico, teniamoci comunque allenati ad avere sempre viva in noi la stagione delle emozioni, per vivere la vita e i rapporti con gli altri in modo empatico e autentico e mai falsato o filtrato da chicchessia..
È questo il mio augurio di un buon Natale per tutti!
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