IL CORSIVO – Un contrappasso per il cardinale Becciu
Dopo due anni e cinque mesi, durante i quali ci sono state ben ottantasei udienze, è stata emessa in Vaticano la prima sentenza di condanna da giudici laici a un cardinale.
Il fatto si riferisce allo scandalo finanziario della Segreteria di Stato per l’acquisto del palazzo di Sloane Avenue (l’ex sede di Harrods) nel centro di Londra – un investimento disastroso di circa 200 milioni di dollari – e per altre operazioni ritenute illecite. Il cardinale condannato per peculato e truffa aggravata, assieme ad altri imputati, tutti laici, è Angelo Becciu, all’epoca dei fatti (2014-2019) Sostituto della Segreteria di Stato. A fronte di una richiesta di oltre sette anni di carcere, per lui la pena é di cinque anni e mezzo e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Un dettaglio: i reati di peculato si riferiscono, il primo, all’acquisto del succitato palazzo; il secondo al finanziamento ad una coop del fratello. Quanto alla truffa aggravata, in concorso con una sua amica, Cecilia Marogna, si tratta di un versamento di 570mila euro alla donna, accreditata come esperta di intelligence senza averne titolo.
Va aggiunto per completezza, che i legali del cardinale hanno preannunciato ricorso in Appello e dichiarato di essere certi della innocenza del loro assistito.
Fin qui il fatto nella sua essenzialità.
Cosa dire? Innanzitutto l’augurio che in Appello il porporato possa uscire senza macchia da questa bruttissima vicenda. Dovesse essere confermata la sussistenza dei reati, la nostra opinione è che la prigione, peraltro improbabile considerata l’età dell’imputato, avrebbe una funzione rieducativa decisamente inutile perché tardiva. In caso di condanna al secondo grado ed eventualmente al terzo, servirebbe ben altro. Una pena da contrappasso –questa sì – di sicura efficacia pedagogica: il cardinale dovrebbe essere condannato a tornare chierichetto per un anno, con l’obbligo di declamare dall’altare, ad altissima voce e in ogni quotidiana Santa Messa, il settimo dei Dieci Comandamenti, seguito dal canonico “Mea culpa, mea culpa, mea maxima…”.
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