IL CORSIVO – Lilly Gruber, Giorgia Meloni e la Costituzione (Art. 21)
Ma cosa si son dette la giornalista Lilly Gruber e la Presidente del Consiglio (nel generale contesto del femminicidio di Giulia Cecchettin) per ispirare titoloni sui grandi giornali nazionali e alimentare il sarcasmo compiaciuto (a sostegno della giornalista e contro la Premier) di Giovanni Floris durante il suo ultimo “Di Martedì”?
Riprendo testualmente da una fonte attendibilissima, il Corriere della Sera di ieri.
Lilly Gruber (Nel corso di “Otto e mezzo” su La7): ”… Non si può negare che in Italia ci sia una forte cultura patriarcale e che questa destra-destra al potere non la sta proprio contrastando”.
La replica di Giorgia Meloni attraverso un post sui social a corredo di una foto in cui compaiono le altre tre donne della sua famiglia: mamma, nonna e figlioletta: “Non so come certe persone trovino il coraggio di strumentalizzare anche le tragedie più orribili pur di attaccare il governo. Io sarei espressione di una cultura patriarcale. Come chiaramente si evince da questa foto che ritrae ben quattro generazioni di cultura patriarcale della mia famiglia. Davvero senza parole”.
La controreplica di Gruber non si fa attendere, con la difesa del “pensiero libero e critico ben tutelato dalla Costituzione”. Cui aggiunge, con sottile ironia: ”Considero l’attacco di Giorgia Meloni una prima dimostrazione della sua volontà di aprire un dialogo costruttivo, un esercizio di democrazia al quale lei non è abituata. Le porte di Otto e mezzo sono sempre aperte. Rimane pericoloso, per il buon funzionamento democratico, quando un/una presidente del Consiglio attacca direttamente la stampa e singoli giornalisti”. Non ancora paga, la Gruber ci mette la chiosa finale: “Una o un presidente del Consiglio che attacca direttamente un giornalista nelle democrazie mature non accade”.
Cosa dire? Giorgia Meloni non ha bisogno di “giornalisti” difensori, essendo ella stessa giornalista professionista. Del resto, non mi presterei nei panni del difensore, non avendo oltre tutto alcun rapporto diretto o anche soltanto casuale con la Presidente del Consiglio e presidente di Fratelli d’Italia. L’ho vista da vicino, e da cronista de “Il Mattino”, una sola volta in vita mia: accadde quando lei aveva 19 anni ed era stata appena eletta responsabile nazionale di Azione Studentesca, il movimento di settore di Alleanza Nazionale. Mai votato per lei e per i “suoi” partiti. Stop.
Nessuna difesa, dunque: né d’ufficio, né d’altro.
Trovo piuttosto singolari, ed eccoci al punto, la posizione e soprattutto il “teorema” di Lilly Gruber. La posizione: è lei che attacca la Meloni – ed ha tutto il diritto di farlo, in virtù del “pensiero libero e critico ben tutelato dalla Costituzione” – ma con sorprendente disinvoltura afferma di essere stata attaccata dalla Presidente del Consiglio. Boh!
Il suo “teorema”. In rapida sintesi. Un giornalista ha il sacrosanto diritto di criticare un politico, un parlamentare, un ministro, un Premier. E fin qui tutto fila. Ma se un politico, quale che sia il ruolo che occupa, dal consigliere comunale al Presidente del Consiglio, risponde agli attacchi di un giornalista, allora si configura – secondo la Gruber – la lesa maestà, e si diventa pericolosi per la Democrazia.
Detta diversamente, Lilly Gruber ci sta raccontando che il “pensiero libero e critico” è tutelato dalla Costituzione per tutti fuorché per i politici. Peggio: se un politico, ed è il caso della Meloni, critica un giornalista, peraltro in termini civilissimi, “è pericoloso”: ovvero, in altri termini, attenta alla Costituzione. Semplicemente assurdo.
Concludo. Oltre ad essere una bravissima giornalista, al netto di qualche inciampo che può capitare a tutti, Lilly Gruber per un po’ di anni è stata anche parlamentare europea eletta nelle liste del centrosinistra. Non ricordo se sia stata mai attaccata da qualche giornalista. Mi pare di no. Ma mettiamo il caso che fosse accaduto, per di più gratuitamente, lei cosa avrebbe fatto: se ne sarebbe stata buona e zitta per non essere tacciata di “pericolo” per la Democrazia?
Suvvia, smettiamola.
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