IL CORSIVO – De Luca e “Questi fantasmi” del Pd
Negli ambienti politici (seri) e tra i militanti e simpatizzanti del Partito Democratico c’è attesa per il saggio del governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che uscirà sotto un titolo che già di per sé racconta parecchio: “Nonostante il Pd”.
Resterà deluso chi si aspetta un annuncio di addio al partito. Tutt’altro. Per le cose già ascoltate o lette, nella mia interpretazione il De Luca-pensiero, espresso nel libro razionalmente e chiaramente, è piuttosto il tentativo estremo di liberare il Pd da suggestioni di radicalità e semplificazioni di comodo per ricondurlo sul terreno del sano pragmatismo politico.
Illuminante, in tal senso, sono alcune risposte che si leggono nell’intervista al governatore raccolta da Maria Teresa Meli per l’edizione di ieri del Corsera.
De Luca usa il suo linguaggio incisivo e a tratti sferzante, niente mezzi termini, per denunciare ad esempio quella che lui definisce una grande anomalia politica e che, riferendosi alla segreteria Schlein, sintetizza così: “Si è annunciato un processo di rinnovamento e di quasi palingenesi del Pd senza aver mai chiarito chi sono i responsabili del disastro elettorale cui è stato portato il Pd “. E ancora: “Trovo bizzarro ritrovare sulla scena, come se fossero turisti svedesi capitati qui per caso, e senza neanche un accenno di autocritica, tutti quelli che hanno deciso e avuto responsabilità per un decennio. In queste condizioni, l’annunciato rinnovamento è una finzione”.
Ci va giù ancora più duro quando conferma che “è demenziale eleggere alla segreteria chi non è del Pd”. Che ormai nel partito “vige la selezione in negativo: più perdi, più ti promuovono”. E che “soggetti entrati nel Pd solo da qualche mese parlano con una supponenza da statisti, offendendo il sacrificio e il lavoro di chi è impegnato nei territori da solo, e di chi combatte da decenni…”.
L’analisi del governatore è impietosa ma sempre ragionata. E all’analisi egli fa seguire la proposta, sottoforma di un vero e proprio “manifesto” dal quale si capisce che De Luca, non solo non dice addio al Partito Democratico, ma ha in mente un’idea molto più ambiziosa: risvegliarlo dal coma, farlo diventare ciò che doveva essere e non è stato, magari – chissà – candidandosi a guidarlo in vista dell’assai probabile “caduta” della Schlein, tra meno di otto mesi, nell’impatto con i risultati delle elezioni europee.
L’assist o provocazione gliela fornisce l’intervistatrice quando gli chiede di spiegare il senso di un’altra sua affermazione perentoria rinvenibile nel libro: “Oggi il Pd è superfluo”.
Trascrivo integralmente la risposta di De Luca. Rileggiamola insieme prima della mia chiosa finale.
Eccola: “Il Pd non è la sinistra. C’era già un partito di sinistra, i Ds, che non aveva capacità di espansiva. Il Pd è il Partito Democratico, con un’area anche di sinistra, ma è un’altra cosa. Non esiste un Pd che si riduce alla testimonianza. Non ha futuro un Pd che non parla di sicurezza, che pregiudica i rapporti con tutto il mondo cattolico, che non parla di impresa e di ceti professionali; che non propone una riforma profonda della giustizia e non fa una battaglia a fondo contro il mostruoso groviglio burocratico-amministrativo-giudiziario che blocca ogni energia positiva e ogni slancio innovativo; che non combatte concretamente a favore del Mezzogiorno tradito. L’impostazione tutta ideologica sul tema dei diritti, sicuramente importante, non è un programma politico per il governo dell’Italia. Il dibattito sul Pd e nel Pd, sul suo rinnovamento ha valore in relazione a tutto questo. Non esiste un Pd in cui anime morte parlano una lingua morta, incomprensibile alle persone normali e che non riesce mai a creare entusiasmi collettivi”.
Eccoci al finale. Ciò che avete letto, sintesi dell’intervista al Corsera, è soltanto un minimo assaggio – si perdoni il bisticcio – del saggio di Vincenzo De Luca “Nonostante il Pd” in uscita questa settimana.
Brevissima chiosa. Un politico che ragiona di Politica come lo fa (e lo sa fare) De Luca, nel giudizio sommario di Schlein e compagni, ovvero i “turisti svedesi capitati qui per caso”, sarebbe un cacicco, un capobastone; in alternativa un nano rispetto ai nuovi statisti spuntati come funghi nelle stanze del Nazareno. Normale, se tanto mi dà tanto, che nei sondaggi sulle intenzioni di voto il Pd “Format improvvisato Schlein” continui a perdere consensi. Anormale, di converso, che “i turisti svedesi” guidati dalla Schlein, invece di combattere la destra con una proposta di governo credibile, indossino l’elmetto per fare la guerra all’unico leader politico carismatico e riconoscibile che il Mezzogiorno d’Italia possa vantare. È il caso dire: roba davvero demenziale.
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