IL CORSIVO – Se Salvini sbatte contro… il guard rail

Si racconta che perfino Nostro Signore – Lui che tra altre cose era sicuramente Infaticabile, oltre che Infallibile eccetera eccetera – ritenne opportuno fermarsi dopo sei giorni, quanti gliene occorsero per creare, non un’autostrada con tanti viadotti ed altrettante “discese ardite e risalite”, ma nientepopodimeno che l’Universo. Lui, che era il Signore del Cielo e della Terra, l’Architetto dell’Infinito, si fermò il settimo giorno e, con ogni probabilità, non disse: “Mò mi fermo un po’”, bensì: “Adesso basta: ho fatto il mio!”. E promise di starsene zitto per l’Eternità.
Niente da fare: Matteo Salvini, che non è leader Immortale dell’Universo, ma semplicemente della mortalissima Lega, proprio non ce la fa ad osservare il silenzio, almeno una sola volta a legislatura, per 24 ore consecutive lorde, ossia escluse quelle che dovrebbe opportunamente dedicare al sonno, alla famiglia, al pensiero della fugacità del tempo e della vita stessa.
Non ce la fa. Non resiste alla tentazione di ostentare l’idea che si è fatto di sé rispetto alla politica italiana: l’imprescindibilità della sua presenza in ogni dove, l’essenzialità della sua parola in ogni contesto e senza soluzione di continuità. H24, appunto!
Non solo. In tutti gli anni di attività politica, niente affatto pochi, di sbandate ne ha prese decisamente parecchie, sia da deputato che da ministro. Tuttavia non gli sono servite a niente. Ancora a causa di quella sua maledetta tentazione di parlare sempre, comunque e ovunque, non ha imparato che il silenzio talvolta non è soltanto d’oro ma anche e soprattutto dovuto. Sicché, inevitabilmente, cocciutamente, forse addirittura volontariamente per appagare il suo insaziabile Ego, è andato di nuovo a sbattere: stavolta, rovinosamente, contro il guard rail del viadotto di Mestre, dal quale martedì scorso, poco prima delle 20, è precipitato il pullman portando via con sé la vita di 21 innocenti (e speriamo che la conta si fermi qui).
Nonostante il procuratore di Venezia, per le prove fornite dai Vigili del Fuoco, avesse già escluso la possibilità di un incendio provocato dalle batterie al litio del bus elettrico, il ministro dei Trasporti Salvini ha voluto parlare. Ed ha parlato attraverso Sky per affermare che: 1) “Non è un problema di guard rail” (mentre è stato appurato che il guard rail c’entra e tanto più); 2) “Ho sentito che i Vigili del Fuoco parlavano delle batterie elettriche che prendono fuoco più velocemente, più rapidamente di altre forme di alimentazione”; 3) “In un momento in cui si dice che tutto deve essere elettrico, uno spunto di riflessione è il caso di farlo”.
Capito? Davanti alla realtà raccapricciante di 21 morti e 15 feriti in rianimazione, il Matteo Parlante non perde l’occasione, poco importa se si tratti o meno di casuale coincidenza, per rilanciare la battaglia della Lega contro il divieto dei motori termici, a partire dal 2035, sancito dall’Unione Europea. L’elettrico, che non c’entra un cavolo con la tragedia, preso a pretesto per buttarla volgarmente in politica.
Aspettiamo lo sviluppo delle indagini. Intanto c’è un precedente in fatto di guard rail: i 40 morti del bus precipitato dal viadotto di Acqualonga (autostrada A-16, Irpinia) dieci anni e due mesi fa. Se ne fosse ricordato – eppure se n’è parlato tanto in questi giorni – forse Salvini sarebbe stato un tantino più prudente con il suo: “Non è un problema di guard rail”. Meglio ancora se fosse rimasto in silenzio per 24 ore. Cosa impossibile, tuttavia. Già scritto perché.

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