IL CORSIVO – Calenda? Bella testa, però peccato che…
Peccato che il leader di Azione, Carlo Calenda, riesca a rendersi spesso antipatico per quell’aria professorale che assume anche quando non ci sarebbe affatto bisogno, non di salire in cattedra ed impartire lezioni su materie per le quali è decisamente molto ben attrezzato, sia sul piano culturale che politico, ma di farlo pavoneggiandosi fino al punto di ripetere virtualmente a se stesso, prima ancora che a chi l’ascolta: “Ecco, guardate: io sono in cattedra, voi siete niente!”.
Peccato perché una bella testa come la sua potrebbe essere molto utile alla politica italiana in una fase storica della nostra vita pubblica, come quella che stiamo attraversando, nella quale è diventato sempre più difficile ascoltare un politico che metta in moto il pensiero prima di parlare.
Un esempio delle cose sacrosante che Calenda espone, pensando ciò che dice, viene da un passaggio dell’intervista raccolta da Maria Teresa Meli per l’edizione di ieri del Corriere della Sera.
Alla giornalista che lo “provoca” ricordandogli di essersi scontrato con il leader Cgil, Landini, per la chiusura della Magneti Marelli, Calenda spiega: “La verità è che da quando è morto Marchionne, Elkann ha cominciato prima a vendersi la Marelli e nessuno ha voluto regolare quella vendita, come si sarebbe fatto in qualunque altro Paese, attraverso la Golden Power, come io avevo chiesto. Ha garantito che non ci sarebbero stati esuberi. E ora dove è finito? Poi ha preso una garanzia pubblica per pagarsi il dividendo in Olanda e nessuno ha detto niente. Quindi ha fatto l’operazione Stellantis e oggi i dati impietosi dicono che in Francia gi stabilimenti Stellantis hanno il doppio dei modelli degli stabilimenti italiani, sono tutti equipaggiati per la transizione ecologica, mentre nel nostro Paese solo uno stabilimento è equipaggiato per produrre componenti elettriche, fanno due volte gli investimenti che si fanno in Italia e, udite udite, hanno dieci volte i brevetti che sono depositati nel nostro Paese. Di più. Negli stabilimenti francesi si producono un milione di vetture contro le 400 mila prodotte in Italia. Quindi quello che sta succedendo è che Landini che faceva guerra totale a Marchionne quando in Italia si produceva un milione di veicoli commerciali e auto, oggi che ne produciamo 650 mila, cioè il 30 per cento in meno, sta zitto perché John Elkann ha fatto la mossa di comprarsi il maggior quotidiano nazionale della sinistra italiana”.
“Questo lo dice lei”, ribatte opportunamente l’intervistatrice. E Calenda rincara la dose: “Sì lo dico io. Tant’è vero che Landini rilascia una lunga intervista a Repubblica in cui parla della crisi del settore automotive senza mai nominare Stellantis. E queste cose bisogna dirsele, perché sennò è una grande presa in giro degli operai e del Paese…”.
Fin qui lo stralcio più significativo dell’intervista. E invero c’è poco da aggiungere. Se non la conferma, come si diceva sopra, che Calenda ha una testa che ragiona e che, nel caso specifico, ha fatto addirittura ciò che il sindacato (qui la Cgil) avrebbe dovuto fare e non ha fatto.
A maggior ragione, allora, è un vero peccato che il leader di azione ed ex ministro sciupi quanto di ottimo il suo cervello produce per assecondare la tentazione vanesia di gridare al mondo d’essere l’unico primo della classe. Cosa che del resto non è.
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