IL CORSIVO – Robin Hood e Matteo Salvini

L’avete ascoltato il capo della Lega e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ospite domenica sera di Del Debbio su Rete 4?
Sul bonus benzina, alla vigilia del Consiglio dei ministri di ieri, ha detto: “È previsto per aiutare i redditi più bassi perché non posso trattare nella stessa maniera chi fa il pieno alla Panda per andare a lavorare e chi fa il pieno alla Porsche per andare al mare”. Ed ha aggiunto: “Conto che possa essere dato alle famiglie, ai pensionati e ai lavoratori che hanno i redditi più bassi”.
Cosa dire? Al netto della tenerezza trasmessa dal leader leghista quando parla così, per di più con gli occhi inumiditi da infinite gocce di genuino altruismo, ovvero non contaminato da meschini calcoli elettoralistici, è singolare che in questa fase della politica italiana a pezzi il personaggio maggiormente scimmiottato dai leader dei partiti sia Robin Hood. Tutti a promettere e a giurare (Salvini lo fa addirittura sfilando il rosario) che toglieranno ai ricchi per dare ai poveri: qui e subito, sulla faccia della terra, senza attendere il Paradiso, con ciò mettendo in ombra perfino l’impegno di Gesù fatto Uomo, che un paio di migliaia d’anni fa s’era spinto a garantire che gli ultimi sarebbero stati i primi.
La gara che potrebbe andare sotto il titolo: “Riduco in mutande i ricchi per vestire i poveri”, l’avviò Giuseppe Conte appena fu sfrattato da Palazzo Chigi. Fino a quel giorno la parola “povertà” non era contemplata nel suo vocabolario istituzionale e politico. Troppo concentrato nell’elegante e severa veste di Premier, più che disdegnarli, i cenci dei poveri Conte li ignorava. Prima di lui, ai tavoli del potere, arrivava la sua “pochette”, distintivo d’identità che ostentò anche quando fu incoronato capo dei 5Stelle, e fino a che qualcuno gli fece notare la contraddizione stridente tra il suo portamento simil-britannico e i “valori” (a chiacchiere) del Movimento.
Poi un giorno arrivò la Schlein a fargli concorrenza innalzando al cielo anch’ella il mito di “Robin”: non fosse stato per la maledetta scivolata sull’armocromia, rivelatrice di quanto sia vero che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, Elly si sarebbe piazzata ex aequo con Giuseppe nel Pantheon dei novelli “Eroi dei Poveri”.
A questo punto della storia poteva mai accadere che Salvini avesse qualche dubbio, con i bonus di benzina in mano invece del rosario, se darli al poveraccio in Panda che va a lavorare oppure al figlio di papà in Porsche sparato verso il mare?
In tregua (forse) con la Meloni per qualche giorno, il capo della Lega deve aver deciso di gareggiare un po’ con Schlein e Conte sulla banalità delle cose ovvie, come cosa scontata non potrebbe non essere, ad esempio, la scelta di fare il pieno alla Panda dei redditi bassi e non già alla Porsche del ricco magari perfino mafioso. Ma tant’è: avevate il sospetto che nel novero dei miracoli politici non fosse contemplata la profondità di pensiero del ministro Salvini?

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