IL CORSIVO – De Luca, la Schlein e i cacicchi ex Dc
Nel suo Venerdì di ieri, il governatore De Luca ha tra l’altro detto: “La segretaria del Pd aveva avvertito che la rivoluzione non è un pranzo di gala. Ma almeno un tramezzino elettorale, un mezzo spuntino. Niente. Vedendo il risultato delle elezioni del Molise siamo ridotti alla fame elettorale… Siamo all’ennesimo successo travolgente del centrosinistra e del famoso campo largo… Direi ai dirigenti del Pd di mettersi comodi: c’è sempre un altro 10 per cento di voti residui da perdere. Non ho dubbi che la genialità di questo gruppo dirigente consentirà di fare piazza pulita di quello che rimane”.
Cosa dire? Qualche anima pia del gruppo dirigente dem cui De Luca si riferisce va sostenendo in queste ore che il governatore si sta mettendo contro il partito e quindi fuori. Invero chi ha subito dal Pd attacchi a testa bassa è stato proprio De Luca. Prima dalla Schlein, che lo definì sprezzantemente capobastone, minacciando fulmini e saette sul partito della Campania, promessa peraltro mantenuta con la nomina di un commissario (Antonio Misiani) nemico acerrimo e dichiarato del governatore. Poi dai “cacicchi” (per usare il suo vocabolario) piccoli, medi e grandicelli della Zarina dem sponsorizzata dai “giovani” ex Dc, ossia il convertito (in vecchiaia) al marxismo-leninismo Dario Franceschini, il gattone scopertosi “sinistro”, anch’egli in vecchiaia, Romano Prodi, e il pilatesco sempre e fin troppo sereno Enrico Letta.
Cosa si aspettavano da De Luca: gli applausi, abbracci e baci, i confetti ripieni al cioccolato? Il governatore altro non ha fatto che ricorrere all’adagio, decisamente molto saggio, tanto caro alla buonanima di Pertini: “A brigante, brigante e mezzo”. E non pare che sia finita qui.
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