Alla ricerca di “conchiglie”
Come quei bambini che in riva al mare camminano piano, con la testa china, intenti a cercare le conchiglie più belle e particolari nelle forme o nei colori, da raccogliere e da conservare con cura al ritorno in città, allo stesso modo mi capita spesso di avvertire l’esigenza di rallentare il mio andare frenetico, tirarmene fuori, e abitare invece nei miei spazi con i sensi “accesi”, per cercare anche io il bello che, celato o sotto gli occhi di tutti, è sorprendentemente un po’ ovunque , benché spesso ignorato.
Il mio spirito ribelle e indipendente si rifiuta di arrendersi all’alienazione che la società tenta di imporci, con i suoi modelli poco credibili di perfezione e le esigenze di visibilità a tutti i costi; cosa, quest’ultima, che ultimamente spinge addirittura coppie di genitori a trasformare i propri bambini in ignari tiktoker ripresi quotidianamente e sollecitati ad una continua esposizione mediatica, alterando e annientando così la loro natura, e inducendoli, già in tenera età, a vivere con il fardello del super-eroe, invece di lasciarli giocare con i propri coetanei, imparare le prime regole del socializzare e vivere con spontaneità, quindi senza telecamere, l’intimità e la pienezza della famiglia, difetti compresi!
Non c’è dubbio, internet ci ha dato tanto, ma ha anche distrutto altrettanto: ci ha distratti dai valori autentici più elementari, ci ha disumanizzati, forse perché, come diceva Calvino, “l’umano arriva (solo) dove arriva l’amore”.
Così succede di sentire notizie di giovani ventenni youtuber (spesso anche positivi al test sui cannabinoidi) che a bordo di auto di alta cilindrata, pur di fare riprese accattivanti da pubblicare sui social, causano incidenti mortali.
Aveva di certo ragione Calvino nell’affermare che “l’inferno dei viventi è quello che abitiamo tutti i giorni, salvo che non si sappia riconoscere che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno”.
In effetti è proprio la capacità di scorgere il bello che è andata smarrita, perché è più facile che si cerchi la fredda competizione piuttosto che un sano rapporto di reciprocità, o che si coltivi una ingiustificata perenne aggressività anziché una sana cordialità, la perfezione invece della semplicità. Ma si sa, “non è semplice essere semplici”!
E invece, nonostante tutto, credo che nella vita ci sia tanta bellezza capace di salvare il mondo e noi tutti, capace di donarci pillole di felicità.
Del resto le “conchiglie”, quelle preziose da collezionare e fare nostre, sono ovunque e non, naturalmente, solo in prossimità del mare.
Ed è per questo che, in qualunque luogo io mi trovi, sono ben contenta di saperle scorgere tutte.
Così, a volte le trovo nell’amore puro e sano che traspare in alcune coppie di giovani fidanzati che teneramente si tengono per mano; a volte nella percezione che ho dell’autenticità, della pienezza e della reciprocità di alcuni miei rapporti d’amicizia, a dispetto anche della frequentazione non assidua per mancanza di tempo; o nei passi affaticati di un anziano che mi passa accanto e che mi portano alla mente i passi oramai lontani di mio padre; o ancora nella luce fuori dal comune che inconsapevolmente emanano talune persone; nella venuta al mondo di un bambino ed il suo essere tra le braccia del papà; nel saperci essere per chi ha bisogno; nelle esplosioni di giallo che i ciuffi delle ginestre provocano qua e là sulle colline d’estate; o, perché no, nella consapevolezza di poter aggiungere giorni ai miei giorni e di poterlo fare stando lontano dall’odio.
Perché in fondo “Dio ci vuole felici” (E. Rasy) per vivere quanto più è possibile nell’amore o, comunque, in qualcosa che se non è amore, gli assomiglia molto.
Il meglio insomma da lasciare in eredità ai nostri figli.
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