Abuso d’ufficio e politica a vanvera

Il disegno di legge sulla Giustizia del ministro Carlo Nordio. L’obiettivo dichiarato è di dare garanzie a chi è indagato. Tra le altre modifiche di rilievo dell’attuale normativa (limitazione delle intercettazioni e inappellabilità contro il proscioglimento per i reati di cui all’articolo 550, ma solo per quelli meno gravi) fa discutere, com’era prevedibile, l’abolizione dell’abuso d’ufficio, ossia l’ipotesi di comportamento illecito spiegato negli ultimi tempi come “la paura degli amministratori di firmare un qualsiasi provvedimento con il fiato delle Procure sul collo”.
La prima voce che ha contestato questa innovazione è stata quella dell’Anm (Associazione nazionale magistrati), secondo cui “è ingiustificabile cancellare l’abuso d’ufficio”. Una critica alla quale ha subito replicato il ministro Nordio, che per una vita, fino al pensionamento, ha fatto di mestiere proprio il magistrato. Ha detto: “È patologico che in Italia molto spesso la politica abbia ceduto alle pressioni della magistratura sulla formazione delle leggi. Questo è inammissibile. Il magistrato non può criticare le leggi, come il politico non può criticare le sentenze. Ascoltiamo tutti, ma il Governo propone e il Parlamento dispone. Questa è la democrazia e non sono ammesse interferenze”.
Parole sagge. Sulle quali non si è trovato d’accordo, indovinate chi? Troppo facile: sì, proprio lui, il camaleontico Giuseppe Conte. Ossia lo stesso Conte che quando (per caso) faceva il Presidente del Consiglio era tutto gentilino, mammolino, garantista fin dentro e lungo tutto il midollo; ed è invece diventato d’incanto giustizialista radicale quando da Palazzo Chigi è finito nelle piazze vestito da capo 5Stelle senza comunque rinunciare alla pochette. Con l’abolizione dell’abuso d’ufficio, ha detto, “in memoria di Berlusconi si indebolisce la lotta al malaffare”.
È del tutto evidente che il presidente del M5S ignora, o finge di ignorare, che l’abolizione dell’abuso d’ufficio è stata invocata ad altissima voce praticamente dalla totalità dei sindaci e governatori italiani: non per darsi anima e corpo al malaffare, ma per poter fare il proprio mestiere senza l’incubo di finire in galera per una virgola scivolata al momento sbagliato nel fascicolo del Pm sbagliato.
Soprattutto ignora, o finge di ignorare, il capo grillino, la statistica elementare degli esiti processuali in rapporto al numero di iscrizioni nel registro degli indagati per abuso d’ufficio. L’ultimo dato disponibile è dell’anno 2021: su 4.745 procedimenti solo 18 condanne.
È un esempio plastico dei politici – nella fattispecie Conte – che parlano a vanvera, per di più senza avere il garbo di non disturbare la pace dei defunti.

I commenti sono chiusi.