Terzo mandato sì o no?. E poi?

Terzo mandato: ci siamo. È in calendario per domani l’udienza pubblica della Corte Costituzionale chiamata a pronunciarsi sul ricorso del Governo Meloni contro la legge regionale della Campania che, in buona sostanza, consentirebbe a De Luca di candidarsi alla presidenza della giunta dopo l’attuale secondo mandato in scadenza il prossimo autunno.
È probabile che la Consulta si pronunci nella stessa giornata di domani. Pronostici? Li deleghiamo volentieri a chi è allenato a predire il futuro grazie alla capacità di leggere nella proverbiale sfera di cristallo.
Va detto, a questo riguardo, che le predizioni si sono sprecate negli ultimi mesi in Campania. Ne sono stati protagonisti soprattutto i leader, i nomi in vista e perfino i portaborse dei partiti di centrodestra. E si è potuto registrare una risposta corale dei politici (e no) testé citati: la Consulta accoglierà il ricorso del Governo, De Luca è finito. Ma perché? Perchè sì.
Cosa dire? Rispetto a quanto avrebbe potuto pronosticare la Sibilla Cumana, nel suo linguaggio volutamente ambiguo, i “nostri” mostrano la virtù d’una chiarezza che però non poggia sulla scienza giuridica ma sul desiderio che accada ciò che vogliono.
Allora è molto più saggio attendere che la Consulta si pronunci, tentando magari in questa sede un ragionamento su cosa potrà accadere, sul piano squisitamente politico, nel caso che la Corte Costituzionale accolga il ricorso del Governo e in quello opposto.
Cominciamo dall’ipotesi che sia vincente la tesi di candidabilità del governatore: cosa farebbe il diretto interessato? Alla luce delle cronache politiche degli ultimi due anni, ma soprattutto della linea di coerenza costantemente tenuta dal governatore, non pare possano esserci dubbi: De Luca si candida. Anche in presenza del veto Pd più volte dichiarato e ripetuto? La risposta è ancora sì? Perfino a costo di rompere con l’attuale Pd? Decisamente sì. E tanto per un motivo semplicissimo: il Partito Democratico non ha mai detto, nei quasi dieci anni di amministrazione De Luca, che le cose siano andate male in Campania. Invero ha detto l’esatto opposto. Dunque, perché mai dovrebbe non candidarsi se la legge glielo consente? Solo perché il Pd “si mette” al di sopra della legge e della stessa volontà territoriale. Appare un bel po’ azzardato un ragionamento del genere. Va da sé che il veto del Pd potrebbe determinare una importante frattura nel centrosinistra, con il rischio di dare ossigeno sufficiente al centrodestra per correre ed aumentare le possibilità (non le probabilità) di arrivare primo al traguardo elettorale.
La seconda ipotesi: la Consulta accoglie il ricorso del Governo Meloni, De Luca non è candidabile alla presidenza. Cosa farà il governatore? C’è chi ha ipotizzato tempeste devastanti e definitive, la vigilia del giudizio universale con l’ex sindaco di Salerno, ex parlamentare ed ex vice-ministro inventarsi la sua Arca di Noè per farci salire a bordo i suoi fedelissimi d’ogni specie, e ridere con sarcasmo nel vedere tutti gli altri annegare nei loro madornali errori politici e umani, a cominciare da Elly Schlein e dai suoi opachi ancorché obbedienti rappresentanti campani.
È uno scenario che può immaginare solo chi non conosce l’animale politico – inossidabile e irriducibile – che è dentro la testa e dietro la quotidiana maschera di lavoro di De Luca.
Realistico, invece, pensare altro. Di fronte alla testardaggine di un Pd del Nazareno lontano anni luce dalla Campania, impiccato alla falsa convinzione che il terzo mandato sia il brodo di coltura della disonestà amministrativa e quant’altro del genere, De Luca potrebbe come ultima ratio sfidare il Partito ad accettare la candidatura di un nome da lui scelto per capacità e affidabilità. Il Pd dice ancora no? A quel punto tutto potrebbe accadere, fuor che De Luca agisca per far perdere il centrosinistra e regalare la vittoria al centrodestra.
Siamo alla fine del ragionamento, alla “morale” di una favola politica mai così vera e reale. Comunque vadano le cose, in caso di incandidabilità di De Luca, il centrodestra l’ha già persa la partita della Campania, quale che sarà il suo candidato: il divario dei consensi consolidati in Campania tra i due schieramenti è così ampio che nemmeno se si candidasse l’intero governo Meloni il centrodestra potrebbe vincere.
In conclusione, il motivo della sconfitta “preventiva” del centrodestra in questa Regione – comunque vadano le cose nel centrosinistra, è a monte: è nell’errore madornale commesso dalla Meloni con l’impugnazione della legge terzo mandato davanti alla Consulta. Se avesse lasciato De Luca libero di candidarsi, sarebbero aumentate di molto le probabilità di una spaccatura insanabile nel centrosinistra, con due candidati alla presidenza, dunque con una condizione di vantaggio iniziale del centrodestra che avrebbe potuto far ben sperare. Detto diversamente, le elezioni in Campania le perderà Meloni prima ancora del centrodestra. Che poi il presidente possa essere De Luca, un deluchiano o il 5 Stelle Roberto Fico, è un’altra storia.
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