IL CORSIVO – SALVINI E TAJANI: MA QUANTO PUÒ DURARE?

Giorgia Meloni deve aver bevuto diversi litri di camomilla in quest’ultimo week end per non rischiare l’orlo d’una crisi di nervi. Il motivo, oltre ogni ragionevole dubbio, non può che essere il seguente. Ci aveva messo santissima pazienza, altrettanta dolcezza e qualche virile alzatina di voce per convincere i suoi due vice a smetterla con la gara infantile e stucchevole a chi comanda di più. E invece, dopo un paio di giorni d’apparente quiete, la tempesta è tornata più minacciosa di prima.

Per la cronaca, è stato il capo della Lega a ricominciare. Ha sgranato un rosario di contumelie contro Francia e Inghilterra come introduzione, poi l’attacco frontale alla presidente della Commissione Ue von der Leyen, rea di aver ripetuto che l’Europa, fermo restando il dialogo collaborativo sempre aperto con gli Stati Uniti, deve lavorare per la Difesa del proprio territorio indipendentemente da tutti gli altri. Difesa significa anche armi. Ed è stata questa parolina, paradossalmente, a far aprire il fuoco di fila di Salvini contro la presidente della Commissione Ue in quanto tedesca, e contro la Germania in quanto Paese che si sta organizzando per la produzione di armi. D’altronde, in caso di necessità, quando te ne stai per fatti tuoi e qualcuno ti attacca scatenando la guerra, è con le armi che puoi difenderti, non certo a chiacchiere o con le danze della pace.

Il secondo capitolo del duello all’arma bianca e ad alzo zero lo ha scritto il capo di Forza Italia. Con chiarissimo riferimento alle saette sparate da Salvini, Tajani ha voluto innanzitutto sottolineare che la seconda forza politica del centrodestra è FI; subito aggiungendo che è scontata “la lealtà verso il governo”, ma anche che il suo partito “non rinuncerà mai alle proprie idee” e “mai piegherà la testa quando si tratta di difendere i propri valori”. Da qui l’avviso di Tajani ai naviganti, sia a Salvini che alla stessa Meloni: “La trattativa con gli Stati Uniti sui dazi deve essere condotta a livello europeo; sarebbe un errore condurre la trattativa a livello nazionale, perché non andremmo da nessuna parte, forse potremmo avere qualche piccolo vantaggio in tempi brevissimi, ma sarebbe dannoso per tutti. Ricordiamo che il mercato europeo unico permette alle nostre imprese di fare affari per 220 miliardi ogni anno. Quindi il mercato europeo per noi è una grande conquista”.

E se, come si dice, il parlar chiaro è fatto per gli amici, il leader di FI ha voluto evitare ogni residuo rischio d’equivoco parlando chiarissimo, per di più ricorrendo ad una metafora decisamente molto efficace. Ha detto:

“Abbiamo bisogno di uomini e di donne di buon senso che facciano una buona politica per proteggere mezzo miliardo di persone (i cittadini europei, ndr) fra i quali ci siamo noi. Noi vogliamo costruire, anche quando facciamo delle critiche, esse sono sempre costruttive. Stiamo lavorando per costruire, in Europa non abbiamo bisogno di sfasciacarrozze, dobbiamo costruire”.

Come chiosare Tajani? L’abuso del verbo costruire potrebbe far malignare che il leader di Forza Italia voglia ingraziarsi i costruttori. Non è così. La chiave interpretativa di tutto il suo intervento non è nel verbo “costruire” ma nel sostantivo opposto, “sfasciacarrozze”. E se questo è il cognome, il nome non può che essere – appunto! – Matteo

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