Cara Irpinia, ecco come si crea turismo…

Non è difficile scorgere dalla strada provinciale che attraversa la valle questo incredibile capolavoro; un giardino a terrazza che si inerpica sulle rocce quasi a formare un castello e che tanto ricorda l’arte dell’architetto spagnolo Antoni Gaudì massima espressione del modernismo catalano, icona della città di Barcellona. Impossibile non notarlo perché questo mosaico scolpito nella roccia è il frutto di un lavoro cominciato quasi 50 anni fa e che nel tempo è divenuto per Sbrosio, il paesino in provincia di Sondrio in cui si trova, una vera e propria attrazione turistica. Ecco come trasformare una semplice passione in un richiamo turistico nazionale. La scoperta dell’esistenza del castello del Gaudi di Grosio proprio su internet, nei consigli di Google su cosa visitare in quel piccolo paesino lombardo della Valtellina. Siamo in cinque, amiche non tutte sciatrici ma tutte curiose capitate lì quasi per caso, grazie al tempo inclemente che ci ha allontanato dagli impianti da sci durante la settimana bianca a Bormio. C’è voglia di scoprire, di vedere. Il castello si inerpica su una roccia alle spalle di una villetta privata. Il cancello è aperto, entrata libera. Pareti a mosaico o meglio a trencadis, disegni e forme composti da frammenti irregolari di ceramica, marmo o vetro di scarto, per usare un termine più “nostrano”, irpino forse arianese, tanti piccoli “butti” gli scarti della lavorazione della ceramica. Scalette, antichi utensili a fare da arredo, un sentiero che ti avvolge man mano che sali e capisci che soltanto una grande passione può aver spinto qualcuno a realizzare una simile opera d’arte. Ci informiamo, si chiama Nicola Di Cesare il Gaudi della Val Grosina, la vallata laterale della Valtellina. Lungo i camminamenti del castello si trovano incastonati oggetti di un tempo che fu, che riportano alla mente un passato ancora presente nella memoria collettiva, che raccontano di vite spese nella quotidianità. Affascinate dalla incredibile meticolosità con cui il giardino è stato realizzato, ammiriamo anche lo splendido paesaggio che si apre sotto i nostri occhi dopo aver raggiunto la sommità del castello dove si scorgono sentieri in via di costruzione. Il lavoro va avanti. Chissà che faccia ha l’artista, perché lo ha realizzato, ci chiediamo scendendo dalla roccia che ospita il castello che tanto ricorda anche quello di Montezuma, scolpito anche questo in una roccia dai nativi americani in Arizona. Non riusciamo ad allontanarci in fretta, ci fermiamo ad ammirare la maestosa creazione artistica ancora una volta volgendo i nostri sguardi verso l’alto. Incredibile. Parliamo forse troppo ad alta voce come in genere non fa chi abita in queste valli ai confini con la Svizzera, gente molto introversa e riservata, sono parole di apprezzamento per questa parete di roccia trasformata in un’opera d’arte. Alle nostre spalle la voce di un uomo ci dà il benvenuto. È lui, Nicola Di Cesare, l’uomo che ha scolpito il castello di Gaudi nella parete rocciosa del suo giardino di Grosio e che lo ha trasformato in un’opera d’arte, un’attrazione turistica gratuita. La nostra curiosità ci spinge a rivolgergli domande a raffica, così Nicola decide di portarci nel suo laboratorio, un garage pieno di materiale per il trencadis. Di lato alcuni sacchi di patate che richiamano la quotidianità, frutto di un altro lavoro, quello della terra. Lui, abruzzese di nascita, della Val di Sangro, abita in questo angolo di mondo da quando aveva 13 anni. Il suo accento infatti non lo tradisce, è lombardo senza inflessioni. Qui si trovava lavoro – ci racconta -ha fatto il cuoco e qui è rimasto per amore. Ma l’amore è finito, e lavora a questo castello per salvare il matrimonio. Ridiamo. Una idea nata più di 40 anni fa – volevo fare un pezzo di orto – ci ha detto – poi sono andato avanti e andrò avanti finché vivrò-. Non è mai stato a Barcellona, non conosce Gaudi. Inconsapevole dell’incredibile richiamo che ha realizzato ci mostra anche la targa di riconoscimento che l’amministrazione comunale di Grosio gli ha consegnato. La tiene conservata in una cassapanca. Non gli interessa esibirla. È un uomo umile, d’altri tempi, niente social, niente internet, non sa di essere famoso e di aver reso famoso un paesino di 4.000 abitanti. Il suo “castello” è indicato come una delle principali attrazioni insieme a quello medievale dei Visconti. Il sabato e la domenica c’è un via vai di gente, ci confida, tutto l’anno. Ecco come la semplicità delle idee e la realizzazione delle stesse può trasformarsi in un richiamo turistico. Di Cesare non cerca un tornaconto economico e mette a disposizione di tutti coloro che lo vogliono visitare il suo giardino pensile. Per fare turismo ci vogliono idee semplici e pervicacia. Andiamo via con un senso di profonda gratitudine e consapevoli di aver visitato un luogo magico, degno di una fiaba. Pensiamo alla nostra Irpinia, piena di piccoli grandi tesori non valorizzati, chissà, forse un giorno anche noi potremo vantare il nostro Anton Gaudi.

I commenti sono chiusi.