Il ricordo di Pellegrino Capaldo
Nella mia lunga e fortunata carriera nel mondo delle banche, ho avuto la fortuna di incontrare grandi Uomini che mi hanno consentito di esplorare un campo a cui non ero destinato per la mia formazione di studio che mi aveva portato a laurearmi in giurisprudenza, dopo il conseguimento del diploma di diploma in maturità classica.
Fra questi annovero Pellegrino Capaldo, “Il Professore” per antonomasia, scomparso purtroppo ieri a Roma quando mancavano pochi mesi al compimento degli ottantasei anni.
Nato ad Atripalda, si era trasferito nella Capitale, dove aveva conseguito la laurea in economia, per poi essere chiamato men che ventitreenne in cattedra.
Nella “sua” Atripalda tornava spesso, soprattutto in passato e nel periodo estivo, per circondarsi di Amici, nella accogliente casa di Cerzete in contrada San Gregorio, a pochi passi dall’altra sua creatura, la “Feudi di San Gregorio” affermata azienda vinicola a livello internazionale, ora gestita dal figlio Antonio.
Nell’accogliente studio alle spalle del centralissimo Albergo dei Principi di Roma sono passati personaggi importanti dell’epoca per consigli di ogni genere.
Non a caso fu chiamato dal Vaticano ad interessarsi delle finanze dello Ior, il potente Istituto delle Opere Religiose.
Impegnato nel sociale, contribuì alla realizzazione di una moderna struttura di volontariato.
Andreottiano convinto, diede luogo alla formazione politica dell’Udeur insieme con Francesco Cossiga, il picconatore dell’epoca.
Di Pellegrino, mi piace evocare ricordi personali.
Dirigevo, verso la fine degli anni ’80, la Sede del Banco di Napoli nella centrale Via Toledo, paragonabile oggi ad una banca di medie dimensioni non solo per i volumi amministrati, ma per il numero delle Filiali controllate, circa cinquanta, e degli addetti, di poco inferiore alle 1200 unità.
Un vero problema che mi costringeva a fare in più turni le riunioni per la fissazione degli obiettivi e la verifica dei risultati anche se lo spazio, al primo piano, era enorme.
Tornando dal periodo di ferie, fui avvicinato dal mio autista dispiaciuto per il trasferimento che, senza che io ne sapessi alcunché, il Professore Ventriglia aveva disposto per l’importante area territoriale di Bologna.
Scopo del mio allontanamento era quello di evitare che, avendo ormai raggiunto il ruolo di Condirettore Centrale, penultimo grado della scala gerarchica, io potessi essere di intralcio alla conferma come Vice Direttori Generali di due suoi pupilli.
Chiesi alla segretaria di essere ricevuto dal Professore e, qualche ora dopo, ero al cospetto del “grande Capo”.
Alle mie rimostranze per aver saputo la notizia dal commesso, il Professore replicò che sarebbe stato un capo senza potere se non avesse potuto trasferire un suo Dirigente in un’Area che, nel suo disegno, andava protetta e sviluppata.
La mia replica si limito ad evidenziare che avevo comunque raggiunto buoni risultati nella gestione della Sede di Napoli, il suo commento mi spiazzò: “I risultati non sono mai assoluti, ma si interpretano”.
Capii, a quel punto, che dovevo prepararmi per il trasferimento in Emilia Romagna.
Tornato a casa, mia moglie mi avvisò che aveva chiamato il Professore Capaldo, col quale non mi sentivo da tempo, chiedendomi di raggiungerlo nella villa di San Gregorio.
Cosa che feci subito e con mia grande sorpresa e, senza tentennamenti, ebbi un’offerta irrinunciabile: “Mi ha detto il Direttore Geronzi (Direttore Generale della Cassa di Risparmio di Roma, di cui Capaldo era Presidente) che se non riesco a portarti nella nostra squadra, vuol dire che non conto alcunché”.
“Da quando”? fu la mia risposta; “Da domani” la replica.
Il giorno successivo presentai le dimissioni al Professore Ventriglia che cercò di convincermi dicendo che avrebbe portato in Consiglio di Amministrazione la mia promozione a Direttore Centrale perché aveva rivisto tutti i suoi progetti.
Alla fine, capì che non avrei potuto accettare e, con molta cortesia, mi augurò buona fortuna.
Fu così che da un sede con milleduecento collaboratori, mi ritrovai, nella piccola ed unica Filiale della Cassa di Risparmio di Roma, con soli nove collaboratori.
E fu così che ebbi modo di apprezzare ulteriormente le capacità del Professor Capaldo che, in un’affollata riunione di dirigenti, impegnò non più di 10 minuti per illustrare la prima vera fusione bancaria tra Cassa Di Risparmio e Banco di Santo Spirito, alla quale sarebbe seguita quella con la Banca di Roma e con Unicredit confluite nel gruppo Capitalia.
C’è il Pellegrino persona affabile che mi piace ancora ricordare con la passione per lo scopone scientifico, quasi furibondo quando il compagno, spesso la sua inseparabile Silvia, sbagliava la giocata, ma non alieno – lui integerrimo in tutti i comportamenti – a ricorrere a piccoli stratagemmi, come le strizzate d’occhio, o segni vari, per orientare il gioco.
La scomparsa di Pellegrino segue di pochi giorni il ricordo dei genitori Antonio e Geppina Somma, che l’intera collettività atripaldese ha voluto ricordare con una bella e commovente cerimonia, sabato 11 scorso.
Si ricompone così, in un luogo incantato, una famiglia alla quale Atripalda riserverà l’ultimo commosso abbraccio, oggi mercoledì 15 gennaio alle 16, nella Chiesa di Sant’Ippolisto.
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