IL CORSIVO – Renzi prosciolto ma nessuno paga

Il post di Matteo Renzi dopo la sentenza Gup di proscioglimento da tutte le accuse infamanti dell’inchiesta Open: “Ho quasi cinquant’anni. Gli ultimi cinque li ho vissuti da appestato per l’incredibile inchiesta Open. Uno scandalo assoluto per tutti quelli che avevano letto le carte, ma nonostante questo sono stato politicamente massacrato da tanti, a cominciare da Fratelli d’Italia e dai Cinque Stelle. Dopo anni di sofferenze oggi arriva la notizia: prosciolto. Prosciolto io, prosciolti tutti i miei amici sia politici come Maria Elena e Luca sia i professionisti come Marco, Riccardo, Alberto e tutti gli altri. Oggi in tanti dovrebbero scusarsi, Meloni e Travaglio in primis. Non lo faranno, Pace”. E ancora: “Al Pm che mi ha accusato – Luca Turco, lo stesso che ha aggredito la mia famiglia – non ho niente da dire. Mi spiace solo che vada in pensione dopodomani senza pagare per le sue perquisizioni illegittime e per la sua indagine incostituzionale. Chi sbaglia paga vale per tanti italiani, non per lui”.
Cosa dire? Almeno due cose. La prima: piena solidarietà a Matteo Renzi e a chi è stato vittima innocente della “Giustizia ingiusta” di un Pm per ben cinque anni. La seconda: la “Giustizia ingiusta” di un Pm ha condizionato gravemente la vicenda politica italiana massacrando e di fatto mettendo fuori gioco – perché di questo si tratta – uno dei politici più capaci e carismatici che il Paese abbia avuto negli ultimi vent’anni. La terza cosa è il paradosso, non più sopportabile, che in Italia debbano pagare, per gli errori commessi nell’esercizio delle proprie funzioni, tutti i lavoratori di qualsiasi categoria fuorché i magistrati.
Con tutto il rispetto per chi ha il compito delicatissimo e complesso di rappresentare ed esercitare la pubblica accusa, non se ne può più di atteggiamenti vessatori che, se non mossi da malafede, si possono comprendere solo affermando l’incapacità conclamata di fare il mestiere di Pubblico Ministero. La qualcosa, per un magistrato, sarebbe perfino più grave della malafede.

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